venerdì 29 maggio 2009
venerdì 22 maggio 2009
LE TENDENZE DELL’INFLAZIONE A BOLOGNA
PREMESSA
Ad aprile 2009 a Bologna il tasso medio di inflazione (che misura l’inflazione di carattere strutturale con riferimento ad un periodo di 24 mesi) è risultato pari al +2,4% in calo rispetto a +2,6% registrato a marzo; lo stesso indicatore registra, a livello nazionale, un valore più alto (+2,8%).
Il tasso di inflazione tendenziale (che misura invece la variazione dei prezzi rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) a Bologna sale al +1,1%.
In Italia, ad aprile, il tasso tendenziale di inflazione (+1,2%) è leggermente più elevato rispetto alla nostra città, che si posiziona al sesto posto della graduatoria decrescente dei capoluoghi di regione a pari merito con Firenze e preceduta da Napoli (+2%), Trieste (+1,8%), Genova (+1,4%), Reggio Calabria (+1,3%) e Roma (+1,2%).
A livello europeo l'inflazione rimane stabile +0,6%.
L’attuale nota si propone di fornire alcuni elementi di conoscenza sul fenomeno delle variazioni più elevate registrate sia in senso positivo che negativo, analizzando i dati dell’Osservatorio prezzi Bologna riferiti al mese di aprile 2009.
OSSERVATORIO PREZZI BOLOGNA
(dati relativi al mese di aprile 2009)
L'Osservatorio contiene informazioni relative ai prezzi minimi, medi e massimi, nonché le variazioni mensili ed annue per circa 220 prodotti e servizi (78 prodotti alimentari, circa 50 prodotti ortofrutticoli, 23 prodotti per la cura della persona, 40 servizi, 20 beni di varia natura e 7 prodotti energetici). Il paniere, per l'anno 2009, è stato ampliato con alcuni prodotti, soprattutto nel comparto dei servizi, per fornire al consumatore un quadro informativo più ampio. Sulla base di questi dati è così possibile seguire mensilmente l'evoluzione dei livelli assoluti di prezzo di singoli prodotti e servizi (es.: pane, latte, carne, benzina, ecc.).
L'esame dei dati dell'Osservatorio Prezzi riferiti al mese di aprile 2009 evidenzia, rispetto a marzo, un aumento dei prezzi relativi a benzina e gasolio, mentre in consistente calo risulta la tariffa del gas ad uso domestico. Nel settore alimentare non si registrano particolari tensioni, anche se è da evidenziare che tra i primi 20 prodotti che registrano le variazioni maggiori rispetto ad aprile dello scorso anno ben 13 appartengono a questo comparto.
1. Gli andamenti dei prodotti alimentari
Ad aprile la variazione mensile del capitolo dell'alimentazione risulta pari al +0,2%; il tasso tendenziale è sceso ulteriormente portandosi al +2% rispetto al picco raggiunto nel mese di luglio del 2008 (+6%). Alcuni prodotti evidenziano ancora una certa tensione inflazionistica, come si evince dalla graduatoria delle prime 20 variazioni annue dei prezzi dei prodotti alimentari inseriti
nell'Osservatorio. Le tensioni manifestatesi sui prezzi della farina e dei suoi derivati risultano totalmente rientrate e molti prodotti registrano questo mese variazioni mensili di segno negativo.
Nel mese di aprile il primo posto nella graduatoria è occupato dalla passata di pomodoro (+20,7%), seguita dai pomodori pelati (+18,1%), dalla maionese (+11,7%), dall'olio di semi di girasole (+11,6%), dal riso (+10,5%) e dal tonno in olio d'oliva (+10,1%). Tutti gli altri prodotti registrano variazioni inferiori al 10%.
In particolare al decimo posto troviamo la pasta all'uovo (+8,1%), mentre tutti gli altri derivati della farina sono ormai usciti dall'elenco delle variazioni più elevate.
2. I prezzi dei prodotti petroliferi
Nel mese di aprile i prezzi dei carburanti, per quanto in aumento rispetto al mese precedente, evidenziano ancora livelli ampiamente inferiori a quelli di un anno fa.
Per la benzina la riduzione di prezzo su base annua è pari al -12,7%, mentre l'aumento rispetto al mese di marzo è stato del 2,5%. Il tasso tendenziale del gasolio per autotrazione sale dal -22,8% di marzo al -20,8% per il mese di aprile ed anche la sua variazione mensile è in aumento: +3%. In contro tendenza il GPL, il cui prezzo risulta ulteriormente in calo (-18,5% su base annua).
Per quanto concerne la tariffa del gas di rete ad uso domestico, che non prevede più la distinzione in base all'uso (gas cottura/riscaldamento), il mese di aprile ha fatto registrano variazione rispetto a marzo del -7,2% ed il tasso tendenziale si riduce dal +13,8% di marzo al +1,5% nel mese di aprile.
Sottolineiamo, infine, che il gasolio da riscaldamento ha fatto registrare una variazione tendenziale in aumento al -18,7% ed una variazione mensile del +1,4%.
3. I beni e servizi con prezzi in diminuzione
L'Osservatorio ha registrato anche prodotti i cui prezzi risultano in diminuzione rispetto ad aprile 2008. Dopo i prodotti energetici, che occupano ancora le prime sei posizioni della graduatoria e che si attestano tra il -20,8% del gasolio ed il -12,7% delle benzine, troviamo altri prodotti: il latte fresco (-11,3%), e più distaccati il pane (-3,8%), lo stracchino (-3,7%), il burro (-3,6%), la mozzarella di mucca (-3%), l'accappatoio (-2,5%).
Tutta la documentazione e le informazioni sui prezzi sono consultabili sul sito internet del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna all'indirizzo:
www.comune.bologna.it/iperbole/piancont/prezzi/indice_prezzi.html
Ad aprile 2009 a Bologna il tasso medio di inflazione (che misura l’inflazione di carattere strutturale con riferimento ad un periodo di 24 mesi) è risultato pari al +2,4% in calo rispetto a +2,6% registrato a marzo; lo stesso indicatore registra, a livello nazionale, un valore più alto (+2,8%).
Il tasso di inflazione tendenziale (che misura invece la variazione dei prezzi rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) a Bologna sale al +1,1%.
In Italia, ad aprile, il tasso tendenziale di inflazione (+1,2%) è leggermente più elevato rispetto alla nostra città, che si posiziona al sesto posto della graduatoria decrescente dei capoluoghi di regione a pari merito con Firenze e preceduta da Napoli (+2%), Trieste (+1,8%), Genova (+1,4%), Reggio Calabria (+1,3%) e Roma (+1,2%).
A livello europeo l'inflazione rimane stabile +0,6%.
L’attuale nota si propone di fornire alcuni elementi di conoscenza sul fenomeno delle variazioni più elevate registrate sia in senso positivo che negativo, analizzando i dati dell’Osservatorio prezzi Bologna riferiti al mese di aprile 2009.
OSSERVATORIO PREZZI BOLOGNA
(dati relativi al mese di aprile 2009)
L'Osservatorio contiene informazioni relative ai prezzi minimi, medi e massimi, nonché le variazioni mensili ed annue per circa 220 prodotti e servizi (78 prodotti alimentari, circa 50 prodotti ortofrutticoli, 23 prodotti per la cura della persona, 40 servizi, 20 beni di varia natura e 7 prodotti energetici). Il paniere, per l'anno 2009, è stato ampliato con alcuni prodotti, soprattutto nel comparto dei servizi, per fornire al consumatore un quadro informativo più ampio. Sulla base di questi dati è così possibile seguire mensilmente l'evoluzione dei livelli assoluti di prezzo di singoli prodotti e servizi (es.: pane, latte, carne, benzina, ecc.).
L'esame dei dati dell'Osservatorio Prezzi riferiti al mese di aprile 2009 evidenzia, rispetto a marzo, un aumento dei prezzi relativi a benzina e gasolio, mentre in consistente calo risulta la tariffa del gas ad uso domestico. Nel settore alimentare non si registrano particolari tensioni, anche se è da evidenziare che tra i primi 20 prodotti che registrano le variazioni maggiori rispetto ad aprile dello scorso anno ben 13 appartengono a questo comparto.
1. Gli andamenti dei prodotti alimentari
Ad aprile la variazione mensile del capitolo dell'alimentazione risulta pari al +0,2%; il tasso tendenziale è sceso ulteriormente portandosi al +2% rispetto al picco raggiunto nel mese di luglio del 2008 (+6%). Alcuni prodotti evidenziano ancora una certa tensione inflazionistica, come si evince dalla graduatoria delle prime 20 variazioni annue dei prezzi dei prodotti alimentari inseriti
nell'Osservatorio. Le tensioni manifestatesi sui prezzi della farina e dei suoi derivati risultano totalmente rientrate e molti prodotti registrano questo mese variazioni mensili di segno negativo.
Nel mese di aprile il primo posto nella graduatoria è occupato dalla passata di pomodoro (+20,7%), seguita dai pomodori pelati (+18,1%), dalla maionese (+11,7%), dall'olio di semi di girasole (+11,6%), dal riso (+10,5%) e dal tonno in olio d'oliva (+10,1%). Tutti gli altri prodotti registrano variazioni inferiori al 10%.
In particolare al decimo posto troviamo la pasta all'uovo (+8,1%), mentre tutti gli altri derivati della farina sono ormai usciti dall'elenco delle variazioni più elevate.
2. I prezzi dei prodotti petroliferi
Nel mese di aprile i prezzi dei carburanti, per quanto in aumento rispetto al mese precedente, evidenziano ancora livelli ampiamente inferiori a quelli di un anno fa.
Per la benzina la riduzione di prezzo su base annua è pari al -12,7%, mentre l'aumento rispetto al mese di marzo è stato del 2,5%. Il tasso tendenziale del gasolio per autotrazione sale dal -22,8% di marzo al -20,8% per il mese di aprile ed anche la sua variazione mensile è in aumento: +3%. In contro tendenza il GPL, il cui prezzo risulta ulteriormente in calo (-18,5% su base annua).
Per quanto concerne la tariffa del gas di rete ad uso domestico, che non prevede più la distinzione in base all'uso (gas cottura/riscaldamento), il mese di aprile ha fatto registrano variazione rispetto a marzo del -7,2% ed il tasso tendenziale si riduce dal +13,8% di marzo al +1,5% nel mese di aprile.
Sottolineiamo, infine, che il gasolio da riscaldamento ha fatto registrare una variazione tendenziale in aumento al -18,7% ed una variazione mensile del +1,4%.
3. I beni e servizi con prezzi in diminuzione
L'Osservatorio ha registrato anche prodotti i cui prezzi risultano in diminuzione rispetto ad aprile 2008. Dopo i prodotti energetici, che occupano ancora le prime sei posizioni della graduatoria e che si attestano tra il -20,8% del gasolio ed il -12,7% delle benzine, troviamo altri prodotti: il latte fresco (-11,3%), e più distaccati il pane (-3,8%), lo stracchino (-3,7%), il burro (-3,6%), la mozzarella di mucca (-3%), l'accappatoio (-2,5%).
Tutta la documentazione e le informazioni sui prezzi sono consultabili sul sito internet del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna all'indirizzo:
www.comune.bologna.it/iperbole/piancont/prezzi/indice_prezzi.html
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tendenze dell'inflazione a Bologna
I PRIMATI DI BOLOGNA NEL MERCATO DEL LAVORO NEL 2008
Il Settore Programmazione, Controlli e Statistica ha redatto come ogni announ breve studio dal titolo "I primati di Bologna nel mercato del lavoronel 2008".La nota seguente esamina le tendenze del mercato del lavoro a livello locale sulla base di dati Istat aggiornati al 2008, con numerosi confronti a livello nazionale e con altre importantirealtà metropolitane.Si segnalano di seguito i principali risultati dello studio.Anche nel 2008 la regione Emilia-Romagna e la provincia di Bologna sidistinguono in ambito nazionale per gli ottimi livelli raggiunti negliindicatori sul mercato del lavoro.Per quanto concerne il tasso di attività nel 2008 in provincia di Bolognaesso risulta in aumento: 74,1% rispetto al 73,3% del 2007. Il dato èmigliore rispetto a quello regionale (72,6%), che colloca comunquel'Emilia-Romagna al primo posto fra le 20 regioni italiane. Sensibilmentepiù basso risulta invece il tasso di attività riferito all'ambito nazionale(63%).
In particolare la provincia di Bologna risulta prima per tasso di attivitàtotale e femminile fra le province con un capoluogo al di sopra dei 250.000abitanti al Censimento del 2001, mentre per quanto riguarda il tasso diattività maschile si colloca al secondo posto dopo Verona.Se si passa ad analizzare il tasso di occupazione la situazione non cambia.Anche nel 2008 l'Emilia-Romagna è la regione con il più elevato tasso dioccupazione (70,2%) rispetto ad un dato medio nazionale del 58,7%. Questoprimato è sostenuto dall'ottima performance della componente femminile, ilcui tasso di occupazione nella nostra regione è pari al 62,1% rispetto al47,2% a livello nazionale.In particolare nella provincia di Bologna il tasso di occupazione (72,4%) èal top fra le grandi province italiane; seguono ad una certa distanza Firenze (69%) e Milano (68,7%). La nostra provincia si caratterizzainoltre per il più elevato livello di occupazione sia maschile chefemminile. La maggior parte degli occupati (65,7%) lavora nel settore deiservizi; di questi 75 su 100 sono lavoratori dipendenti. Nell'industria èinvece occupato il 32,7% degli addetti e la quota dei lavoratori dipendentisale all'81,7%.Passando infine a trattare della disoccupazione, nel 2008 in provincia diBologna il tasso di disoccupazione scende ulteriormente al 2,2%, il livellopiù basso mai raggiunto dalla nostra provincia; a livello regionale ladisoccupazione sale invece al 3,2%, meno della metà di quella nazionale.Tra le grandi province italiane Bologna si colloca al vertice dellagraduatoria, seguita da Venezia (3,6%) e Verona (3,8%). Questo primato èconfermato sia a livello maschile (2%) che femminile (2,4%).Per ulteriori approfondimenti si rinvia allo studio I PRIMATI DI BOLOGNA NEL MERCATO DEL LAVORO 2008 redatto dal Settore Programmazione Controlli e Statistica del Comune di Bologna.
In particolare la provincia di Bologna risulta prima per tasso di attivitàtotale e femminile fra le province con un capoluogo al di sopra dei 250.000abitanti al Censimento del 2001, mentre per quanto riguarda il tasso diattività maschile si colloca al secondo posto dopo Verona.Se si passa ad analizzare il tasso di occupazione la situazione non cambia.Anche nel 2008 l'Emilia-Romagna è la regione con il più elevato tasso dioccupazione (70,2%) rispetto ad un dato medio nazionale del 58,7%. Questoprimato è sostenuto dall'ottima performance della componente femminile, ilcui tasso di occupazione nella nostra regione è pari al 62,1% rispetto al47,2% a livello nazionale.In particolare nella provincia di Bologna il tasso di occupazione (72,4%) èal top fra le grandi province italiane; seguono ad una certa distanza Firenze (69%) e Milano (68,7%). La nostra provincia si caratterizzainoltre per il più elevato livello di occupazione sia maschile chefemminile. La maggior parte degli occupati (65,7%) lavora nel settore deiservizi; di questi 75 su 100 sono lavoratori dipendenti. Nell'industria èinvece occupato il 32,7% degli addetti e la quota dei lavoratori dipendentisale all'81,7%.Passando infine a trattare della disoccupazione, nel 2008 in provincia diBologna il tasso di disoccupazione scende ulteriormente al 2,2%, il livellopiù basso mai raggiunto dalla nostra provincia; a livello regionale ladisoccupazione sale invece al 3,2%, meno della metà di quella nazionale.Tra le grandi province italiane Bologna si colloca al vertice dellagraduatoria, seguita da Venezia (3,6%) e Verona (3,8%). Questo primato èconfermato sia a livello maschile (2%) che femminile (2,4%).Per ulteriori approfondimenti si rinvia allo studio I PRIMATI DI BOLOGNA NEL MERCATO DEL LAVORO 2008 redatto dal Settore Programmazione Controlli e Statistica del Comune di Bologna.
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Il mercato del lavoro a Bologna
martedì 19 maggio 2009
L'EUROPA SPARITA
"L'Europa Sparita", titolava l'editoriale de "la Stampa" di domenica 10 maggio, a firma di Barbara Spinelli. Alle molteplici ragioni addotte, se ne aggiunge una, basilare e gravissima, che la maggior parte degli italiani ignora: e cioè che il Governo italiano ha rifiutato di diffondere nel nostro paese i manifesti della pubblicità che il Parlamento europeo ha preparato per tutta la comunità, affinchè i cittadini europei partecipino al voto del 6-7 giugno: in particolare l'eloquente manifesto che rappresenta da una parte un castello turrito e merlato e dall'altra una verde siepe domestica, con questa semplice domanda: "Quanto devono essere aperte le nostre frontiere?" Qui ho riportato le immagini di alcuni di questi manifesti ma, a conferma di quanto dico, si veda il sito del parlamento europeo:www.elezioni2009.eu. In un paese che viola le convenzioni internazionali, rifiutando la possibilità stessa che stranieri tocchino il nostro suolo per deporre una eventuale domanda di richiesta di asilo politico, nulla deve trapelare di ciò che l'Europa chiede ai propri cittadini: libertà di circolazione, diritto d'asilo, integrazione. L'affermazione del Presidente del Consiglio che l'Italia non può essere "multietnica" è assolutamente coerente con quel rifiuto: si applica ormai sistematicamente da noi uno dei principi basilari del fascismo storico: e cioè l'autarchia, nella disinformazione, nel dileggio dello straniero. Alla "perfida Alcione" si sta sostituendo la "perfida Europa".
ASPPI PROMUOVE UN PIANO NAZIONALE PER L’AFFITTO
Raccolta di adesioni per un piano nazionale della locazione
L’ASPPI della Provincia di Bologna promuove un PIANO NAZIONALE PER L’AFFITTO, meglio se a canone concordato. Questa iniziativa si propone di chiedere al Governo nazionale un Piano nazionale per la locazione che preveda da un lato la tassazione separata del reddito da locazione per i proprietari e dall’altro detrazioni fiscali del canone per gli inquilini. “L’utilizzo della leva fiscale – ha dichiarato Luigi Tommasi, Presidente di ASPPI – è un buon modo per rilanciare un mercato in crisi anche a livello locale dove comunque la promozione del canone concordato sta funzionando grazie alla costituzione dell’Agenzia Metropolitana per l’affitto”(AMA). Per l’Asppi questa esperienza di incontro tra domanda e offerta di alloggi a canone contenuto promossa da soggetti pubblici e privati è molto positiva e va sostenuta perché rappresenta uno strumento efficace di calmierazione del mercato soprattutto. Tale proposta è appoggiata anche dal SUNIA, sindacato degli inquilini, perché accomuna gli interessi dei locatori con quello degli affittuari.
L’Asppi si augura, in generale, un’attenzione alle questioni della casa e dell’abitare da parte di chi amministrerà la città nei prossimi anni.
Per sostenere questa campagna, l’Asppi invita i cittadini interessati a spedire al Presidente del Consiglio la cartolina che qui vedete. E’ già compilata. Occorre solo affrancarla ed imbucarla.
”Inondiamo” la Presidenza del Consiglio delle nostre cartoline. E’ un modo semplice per far sentire la nostra voce.
Per informazioni: redazione@asppi.bo.it; 328.27.97.251
L’Asppi si augura, in generale, un’attenzione alle questioni della casa e dell’abitare da parte di chi amministrerà la città nei prossimi anni.
Per sostenere questa campagna, l’Asppi invita i cittadini interessati a spedire al Presidente del Consiglio la cartolina che qui vedete. E’ già compilata. Occorre solo affrancarla ed imbucarla.
”Inondiamo” la Presidenza del Consiglio delle nostre cartoline. E’ un modo semplice per far sentire la nostra voce.
Per informazioni: redazione@asppi.bo.it; 328.27.97.251
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Asppi: Piano nazionale per l'affitto
domenica 17 maggio 2009
QUALCHE IDEA PER LO SPORT A BOLOGNA
Chiamiamola RETE DELLO SPORT. Il termine figlio dei computer è abusato
ma dà un’idea precisa quando si parla di amministrazione e della necessità di collegare le diversità, mantendole e insieme coinvolgendole in un programma unico. La Rete dello Sport può essere una grande opportunità per Bologna. Come realtà amministrativa ed esempio nazionale.
SITUAZIONE ATTUALE
1. Tutti gli operatori sportivi con ambizioni nazionali chiedono di costruire nuovi impianti nel territorio dove operano le loro squadre.
2. Questa richiesta è sempre collegata a grandi progetti di urbanistica residenziale.
3. Nei progetti, la valorizzazione di un territorio è complessiva: strutture, più edilizia privata e commerciale, più servizi, più infrastrutture, più trasporti, più traffico, più commerci eccetera. Ma riguarda solo una parte della città. Almeno direttamente: poi si può parlare di ricadute più generali, di immagine di Bologna e via di seguito. Ma è tutto indiretto e per certi versi ipotetico. Comunque tutto viene dopo l’opera principale. Non l’accompagna.
4. Questo meccanismo è destinato a creare disequilibri nel territorio cittadino, malumori, sentimenti di ingiustizia negli esclusi, polemiche, tiramolla a non finire, contrattazioni, rischi.
5. Non c’è nessun vero coinvolgimento della città nel suo complesso, nei suoi cittadini. Si guarda ai tifosi e alle strutture che di loro vivono. Ma la città nella sua totalità?
6. Non esiste nessun collegamento fra il nuovo che si crea e i tanti impianti vecchi spesso lasciati a loro stessi, ristrutturati a forza di buona volontà individuale o al massimo per qualche accordo individuale.
LA MIA PROPOSTA
VINCOLARE LA COSTRUZIONE DI QUALSIASI IMPIANTO SPORTIVO (e di ogni progetto ad esso annesso) all’impegno legale da parte degli operatori di procedere ALLA MANUTENZIONE DI UNA SERIE DI STRUTTURE SPORTIVE ESISTENTI. Vincolo con numero fissato di anni, da ridiscutere alla scadenza.
Parlo di centri civici, campi da calcio e basket, di sport vari, piscine, palestre. Strutture comunali, ma anche altre strutture pubbliche o private che abbiano la destinazione per uso pubblico. Nel caso delle strutture sportive scolastiche non comunali è necessario un accordo con il Provveditorato agli Studi. In caso di strutture scolastiche private si analizzerà caso per caso attraverso una Commissione mista (pubblica e privata, con tutti gli interessati) e si studieranno accordi e possibilità.
Lo stesso meccanismo deve riguardare qualsiasi ristrutturazione o amplimento o modifica delle strutture per gli sport di massa attualmente funzionanti: Stadio di calcio, palazzi per la pallacanestro, eccetera.
Ovviamente a fatturati e guadagni diversi corrisponderanno impegni economici diversi.
Indispensabile il COINVOLGIMENTO DEI COMUNI NELLA ZONA METROPOLITANA di Bologna.
Sono contrarissimo a qualsiasi ipotesi del tipo prima si fanno gli impianti importanti, poi si discute su tutto quello che gira attorno e sulle altre strutture bisognose di recupero e manutenzione.
Non esiste la strategia dei due tempi: si costruisce e si procede con manutenzione-restauro contemporaneamente.
Persino in termini di budget, finanziamenti, programmazione.
Anche perché i nuovi impianti non sono un obbligo né una necessità, ma UNA OPPORTUNITÀ. E devono esserlo PER TUTTA BOLOGNA. Per chi si interessa degli sport coinvolti e per chi no. Per chi abita nelle zone coinvolte e per chi sta lontano.
OBIETTIVI
Non costruire se non si recupera l’esistente. E’ una vera strategia politica, economica, culturale, di educazione civica ed azione programmatica.
1. Costringe a monitorare lo stato delle strutture sportive esistenti e a decidere cosa fare, fra degrado, restauro, abbattimento, nuova destinazione. E’ il punto più terra terra, ma costringe una città abbastanza immobile a vedere cosa ha, decidere in fretta cosa fare.
2. Porta allo scoperto una storia di Bologna, fatta di muri e di nomi, con la possibilità di fare una vera storia dello sport, dei suoi campi e dei campioni: chi ricorda Cavicchi o Canè? Cosa hanno significato per la Bologna del boom o degli anni della paciosità finita tragicamente?
3. Si dovrebbe creare un rapporto pubblico-privato non su UN AFFARE ma SULLA GESTIONE DELLA CITTÀ, almeno di uno dei settori più importanti. Brutalmente, diventano anche PIÙ DIFFICILI GLI ACCORDI SOTTO BANCO, il do ut des fra singoli.
Il privato diventa davvero IL SIGNORE DEL CALCIO, DEL BASKET,ecc... ma non per la squadra (non solo per lei) ma per quello che fa per la città. Ci si occupa di uno sport, non di una squadra.
Tutta la città è coinvolta nel progetto, dove si costruisce e dove si restaura, si mantiene, ci guadagnano da una parte ma anche dall’altra i ragazzi che usano i campi, i genitori, le scuole, i quartieri
4. Una politica nuova non è fatta di comparsate allo Stadio (meglio un sindaco in tribuna o in biblioteca, al palazzo o alla mostra? e si possono fare tutte due le cose? non esistono gerarchie? quante domande senza risposta si possono fare…). E’ costruita sulla capacità di gestire lo sport, di dettare per quanto possibile le sue regole in città. Di capire di cosa si sta parlando.
Per i politici il tifo deve essere buona amministrazione, dello sport e non solo: così tutti stanno meglio, allo stadio e non solo. Il resto è demagogia. Andare allo Stadio, è questo. Così ha un senso sbracciarsi, dar di matto senza vergogna. Si può farlo se si lavora, non gratis. Per immagine.
5. Questo potrebbe avere peso anche nella costruzione (senza illusioni) di una coscienza civica sia verso chi va allo Stadio sia verso chi non ci va. Di dividere Bologna fra sportivi (o tifosi, fan, fedeli, ultrà) e indifferenti, contrari, laici, atei.
Si può provare a non far sentire lo sport alienazione, separazione, gioco consegnato agli altri (siano i professionisti o i tifosi). Si può provare a non pretendere da loro (i professionisti, i tifosi) risultati non umani, ma lavorare insieme per tramutare tutto in un operazione cittadina. Pretendendo poi gli stessi risultati, ma più come città e meno come ultrà isolati. Tutti ultrà, uguali pochi fanatici. In questo caso si può identificare una squadra con una città. Questo significa sport come politica, buona politica.
Senza le ipocrisie di sport poveri contro sport ricchi, sport di massa e di elite. Costruiamo lo sport di Bologna, la cultura sportiva di Bologna. Fatta di mattoni e di partecipazione.
Un ruolo importante potrebbe avere una presenza costante di sportivi e non sportivi nelle scuole: non a far lezioni, sermoni, ma a raccontare, a farsi vedere. A tramutare lo star system in un meccanismo di famiglia, più ricco, identico nella struttura, molto più forte nei risultati esterni e collettivi. Si fa più fatica insultare uno che poi ti ritrovi in cattedra, sul banco, al circolo, al bar.
Lo sport a Bologna è ancora abbastanza umile – anche nel senso negativo del termine – da poter capire che ha bisogno di questi bagni di popolo e umità.
6. Costruire e ristrutturare, curare l’esistente significa anche far sentire lo sport più vicino, quotidiano. La domenica è il GRANDE EVENTO, ma che per tutta la settimana ti permette di giocare decentemente le tue gare in ambienti decenti. L’amore, la partecipazione, il divertimento, l’attaccamento, l’appartenenza sono tutti doppi. Settimana da giocatore (in prima persona, per figli, nipoti ecc.), domenica da spettatore.
Per il piccolo evento della vita di tutti, per il grande evento a cui assistere
7. Così lo sport è davvero di massa anche quello di elite (dove sono ormai gli sport di elite? il polo, la formula uno, la vela….)
8. Il tifo. Periodicamente si parla di accorpare in un’unica squadra le due società di basket, in altre città lo si fa per il calcio.
Sbagliato, impossibile, a mio parere. Gli sportivi hanno diritto ad avere le proprie bandiere, le città hanno diritto ad avere le squadre che credono (e non solo le città più potenti). Giusto, utile è però trovare luoghi ed occasioni in cui le diverse squadre, ma anche di diversi sport si trovino impegnati nello stessa attività.
IN CUI CONVERGANO ANZICCHE’ AL SOLITO DIVERGERE. Mantenere e curare gli impianti esistenti, mandare atleti a parlare con i ragazzi è un momento di unione. Gli affari, le ambizioni dentro e fuori il campo dividono e divideranno? Ma intanto cominciano a costruire delle camere di compensazione cittadine dove tutti quelli che lavorano, sperano, vivono, pensano nello stesso settore possano ragionare su azioni comuni.
ma dà un’idea precisa quando si parla di amministrazione e della necessità di collegare le diversità, mantendole e insieme coinvolgendole in un programma unico. La Rete dello Sport può essere una grande opportunità per Bologna. Come realtà amministrativa ed esempio nazionale.
SITUAZIONE ATTUALE
1. Tutti gli operatori sportivi con ambizioni nazionali chiedono di costruire nuovi impianti nel territorio dove operano le loro squadre.
2. Questa richiesta è sempre collegata a grandi progetti di urbanistica residenziale.
3. Nei progetti, la valorizzazione di un territorio è complessiva: strutture, più edilizia privata e commerciale, più servizi, più infrastrutture, più trasporti, più traffico, più commerci eccetera. Ma riguarda solo una parte della città. Almeno direttamente: poi si può parlare di ricadute più generali, di immagine di Bologna e via di seguito. Ma è tutto indiretto e per certi versi ipotetico. Comunque tutto viene dopo l’opera principale. Non l’accompagna.
4. Questo meccanismo è destinato a creare disequilibri nel territorio cittadino, malumori, sentimenti di ingiustizia negli esclusi, polemiche, tiramolla a non finire, contrattazioni, rischi.
5. Non c’è nessun vero coinvolgimento della città nel suo complesso, nei suoi cittadini. Si guarda ai tifosi e alle strutture che di loro vivono. Ma la città nella sua totalità?
6. Non esiste nessun collegamento fra il nuovo che si crea e i tanti impianti vecchi spesso lasciati a loro stessi, ristrutturati a forza di buona volontà individuale o al massimo per qualche accordo individuale.
LA MIA PROPOSTA
VINCOLARE LA COSTRUZIONE DI QUALSIASI IMPIANTO SPORTIVO (e di ogni progetto ad esso annesso) all’impegno legale da parte degli operatori di procedere ALLA MANUTENZIONE DI UNA SERIE DI STRUTTURE SPORTIVE ESISTENTI. Vincolo con numero fissato di anni, da ridiscutere alla scadenza.
Parlo di centri civici, campi da calcio e basket, di sport vari, piscine, palestre. Strutture comunali, ma anche altre strutture pubbliche o private che abbiano la destinazione per uso pubblico. Nel caso delle strutture sportive scolastiche non comunali è necessario un accordo con il Provveditorato agli Studi. In caso di strutture scolastiche private si analizzerà caso per caso attraverso una Commissione mista (pubblica e privata, con tutti gli interessati) e si studieranno accordi e possibilità.
Lo stesso meccanismo deve riguardare qualsiasi ristrutturazione o amplimento o modifica delle strutture per gli sport di massa attualmente funzionanti: Stadio di calcio, palazzi per la pallacanestro, eccetera.
Ovviamente a fatturati e guadagni diversi corrisponderanno impegni economici diversi.
Indispensabile il COINVOLGIMENTO DEI COMUNI NELLA ZONA METROPOLITANA di Bologna.
Sono contrarissimo a qualsiasi ipotesi del tipo prima si fanno gli impianti importanti, poi si discute su tutto quello che gira attorno e sulle altre strutture bisognose di recupero e manutenzione
Non esiste la strategia dei due tempi: si costruisce e si procede con manutenzione-restauro contemporaneamente.
Persino in termini di budget, finanziamenti, programmazione.
Anche perché i nuovi impianti non sono un obbligo né una necessità, ma UNA OPPORTUNITÀ. E devono esserlo PER TUTTA BOLOGNA. Per chi si interessa degli sport coinvolti e per chi no. Per chi abita nelle zone coinvolte e per chi sta lontano.
OBIETTIVI
Non costruire se non si recupera l’esistente. E’ una vera strategia politica, economica, culturale, di educazione civica ed azione programmatica.
1. Costringe a monitorare lo stato delle strutture sportive esistenti e a decidere cosa fare, fra degrado, restauro, abbattimento, nuova destinazione. E’ il punto più terra terra, ma costringe una città abbastanza immobile a vedere cosa ha, decidere in fretta cosa fare.
2. Porta allo scoperto una storia di Bologna, fatta di muri e di nomi, con la possibilità di fare una vera storia dello sport, dei suoi campi e dei campioni: chi ricorda Cavicchi o Canè? Cosa hanno significato per la Bologna del boom o degli anni della paciosità finita tragicamente?
3. Si dovrebbe creare un rapporto pubblico-privato non su UN AFFARE ma SULLA GESTIONE DELLA CITTÀ, almeno di uno dei settori più importanti. Brutalmente, diventano anche PIÙ DIFFICILI GLI ACCORDI SOTTO BANCO, il do ut des fra singoli.
Il privato diventa davvero IL SIGNORE DEL CALCIO, DEL BASKET,ecc... ma non per la squadra (non solo per lei) ma per quello che fa per la città. Ci si occupa di uno sport, non di una squadra.
Tutta la città è coinvolta nel progetto, dove si costruisce e dove si restaura, si mantiene, ci guadagnano da una parte ma anche dall’altra i ragazzi che usano i campi, i genitori, le scuole, i quartieri
4. Una politica nuova non è fatta di comparsate allo Stadio (meglio un sindaco in tribuna o in biblioteca, al palazzo o alla mostra? e si possono fare tutte due le cose? non esistono gerarchie? quante domande senza risposta si possono fare…). E’ costruita sulla capacità di gestire lo sport, di dettare per quanto possibile le sue regole in città. Di capire di cosa si sta parlando.
Per i politici il tifo deve essere buona amministrazione, dello sport e non solo: così tutti stanno meglio, allo stadio e non solo. Il resto è demagogia. Andare allo Stadio, è questo. Così ha un senso sbracciarsi, dar di matto senza vergogna. Si può farlo se si lavora, non gratis. Per immagine.
5. Questo potrebbe avere peso anche nella costruzione (senza illusioni) di una coscienza civica sia verso chi va allo Stadio sia verso chi non ci va. Di dividere Bologna fra sportivi (o tifosi, fan, fedeli, ultrà) e indifferenti, contrari, laici, atei.
Si può provare a non far sentire lo sport alienazione, separazione, gioco consegnato agli altri (siano i professionisti o i tifosi). Si può provare a non pretendere da loro (i professionisti, i tifosi) risultati non umani, ma lavorare insieme per tramutare tutto in un operazione cittadina. Pretendendo poi gli stessi risultati, ma più come città e meno come ultrà isolati. Tutti ultrà, uguali pochi fanatici. In questo caso si può identificare una squadra con una città. Questo significa sport come politica, buona politica.
Senza le ipocrisie di sport poveri contro sport ricchi, sport di massa e di elite. Costruiamo lo sport di Bologna, la cultura sportiva di Bologna. Fatta di mattoni e di partecipazione.
Un ruolo importante potrebbe avere una presenza costante di sportivi e non sportivi nelle scuole: non a far lezioni, sermoni, ma a raccontare, a farsi vedere. A tramutare lo star system in un meccanismo di famiglia, più ricco, identico nella struttura, molto più forte nei risultati esterni e collettivi. Si fa più fatica insultare uno che poi ti ritrovi in cattedra, sul banco, al circolo, al bar.
Lo sport a Bologna è ancora abbastanza umile – anche nel senso negativo del termine – da poter capire che ha bisogno di questi bagni di popolo e umità.
6. Costruire e ristrutturare, curare l’esistente significa anche far sentire lo sport più vicino, quotidiano. La domenica è il GRANDE EVENTO, ma che per tutta la settimana ti permette di giocare decentemente le tue gare in ambienti decenti. L’amore, la partecipazione, il divertimento, l’attaccamento, l’appartenenza sono tutti doppi. Settimana da giocatore (in prima persona, per figli, nipoti ecc.), domenica da spettatore.
Per il piccolo evento della vita di tutti, per il grande evento a cui assistere
7. Così lo sport è davvero di massa anche quello di elite (dove sono ormai gli sport di elite? il polo, la formula uno, la vela….)
8. Il tifo. Periodicamente si parla di accorpare in un’unica squadra le due società di basket, in altre città lo si fa per il calcio.
Sbagliato, impossibile, a mio parere. Gli sportivi hanno diritto ad avere le proprie bandiere, le città hanno diritto ad avere le squadre che credono (e non solo le città più potenti). Giusto, utile è però trovare luoghi ed occasioni in cui le diverse squadre, ma anche di diversi sport si trovino impegnati nello stessa attività.
IN CUI CONVERGANO ANZICCHE’ AL SOLITO DIVERGERE. Mantenere e curare gli impianti esistenti, mandare atleti a parlare con i ragazzi è un momento di unione. Gli affari, le ambizioni dentro e fuori il campo dividono e divideranno? Ma intanto cominciano a costruire delle camere di compensazione cittadine dove tutti quelli che lavorano, sperano, vivono, pensano nello stesso settore possano ragionare su azioni comuni.
venerdì 15 maggio 2009
GRAVISSIMO! ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA E ALLA RETE
Sì della Camera al Ddl sicurezza
L´attacco finale alla democrazia è iniziato! Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo. Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l´obbligo di denuncia per i medici dei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D´Alia (UDC), appare la "repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet". Il testo la prossima settimana approderà alla Camera. E nel testo approdato alla Camera l´articolo è diventato il nr. 60. Anche se il senatore Gianpiero D´Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della "Casta" che non vuole scollarsi dal potere. In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta(ad esempio, quella di non curare in ospedale gli immigrati senza regolare permesso di soggiorno), i provider dovranno bloccarlo. Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all´estero. Il Ministro dell´interno, in seguito a comunicazione dell´autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l´interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine. L´attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per l´istigazione a delinquere e per l´apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l´istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all´odio fra le classi sociali. Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge? Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, e tutta l´informazione libera che viaggia in rete e che nel nostro Paese è ormai l´unica fonte informativa non censurata. Vi ricordo che il nostro è l´unico Paese al mondo, dove una media company, Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube. Vi rendete conto? Quindi il Governo interviene per l´ennesima volta, in una materia che vede un´impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario e d´interessi. Dopo la proposta di legge Cassinelli e l´istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di "normalizzare" il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare. Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet? Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l´Italia come la Birmania. Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata PuntoInformatico. Fate girare queste notizie il più possibile. E´ ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani. E´ in gioco davvero la democrazia!!!
domenica 10 maggio 2009
Domani 21 04 09 - Canzone per l'Abruzzo - ACQUISTIAMOLA
LA CANZONE CHE HA COINVOLTO 56 CANTANTI ITALIANI IL CUI INCASSO ANDRA' DEVOLUTO AI TERREMOTATI D'ABRUZZO
Francesco Guccini - Bologna: UN INNO ALLA MIA CITTA'
...Bologna è una donna emiliana di zigomo forte,
Bologna capace d' amore, capace di morte,
che sa quel che conta e che vale, che sa dov' è il sugo del sale,
che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita...
venerdì 8 maggio 2009
Valore Paese: ecco le 12 aree ex Difesa da valorizzare a BOLOGNA
(ANSA) - BOLOGNA - Ecco una descrizione particolareggiata delle dodici aree appartenute alla Difesa e che da oggi, attraverso l'Agenzia del Demanio , entrano nelle disponibilita' del Comune di Bologna , per essere valorizzate ad uso civile.
Caserma San Mamolo (5.250 metri quadrati di superficie totale) L'immobile, che fa parte del piu' antico complesso del convento e della chiesa della SS. Annunziata, e' situato lungo i viali di circonvallazione sud, a ridosso del centro storico. Il complesso e' stato oggetto di lunghi restauri che hanno consentito di riportare alla luce l'elegante portico sulla via S. Mamolo e di restaurare le pitture che ne decorano le lunette. Il complesso presenta una solida struttura muraria in mattoni intonacata e tinteggiata esternamente nel caratteristico colore ''rosso bolognese''. Il ministero per i Beni e le Attivita' culturali ha riconosciuto il suo particolare interesse storico-artistico.
Compendio Monte Paterno (9.396 metri quadrati di superficie totale) Complesso originariamente adibito a polveriera situato nella peroferia sud della citta' in una zona agricola collinare di tutela ambientale a circa 5 km dal centro di Bologna. La struttura di forma quadrata confina con terreni agricoli e con il Parco di Monte Paderno.
Ex Polveriera Val d'Aposa (7.844 metri quadrati di superficie totale) Situato ai piedi della zona collinare a sud della citta' a circa 2 km dai viali di circonvallazione sud, il complesso insiste su un'area molto interessante dal punto di vista commerciale in quanto vicina al centro cittadino e con una rilevante presenza di verde. La struttura e' di interesse storico: uno dei magazzini, l'originaria polveriera, e' un raro esempio di architettura militare ottocentesca in Emilia-Romagna.
Caserma Sani-Commissariato militare Casaralta (113.885 metri quadrati totali) La struttura si estende in una zona pianeggiante a nord della stazione e del centro di Bologna e prospiciente alla zona fieristica. Il complesso, il cui stato di conservazione e' buono, si compone di diversi edifici anche di notevoli dimensioni.
Ex infermeria quadrupedi San Vittore (2.736 metri quadrati totali) Il complesso e' situato nella periferia sud di Bologna, in posizione collinare a circa 1,5 km dal perimetro esterno del centro, nei pressi dell'ex Seminario arcivescovile. La struttura, che si trova in buono stato di conservazione, si articola in due strutture con tettoia in parte chiusa, che in passato furono destinate prima a polveriera poi a stalla per la cura degli animali utilizzati per le attivita' militari. L'intera zona comprende aree di valore naturalistico.
Caserma Mazzoni – Porzione Esercito (55.057 metri quadrati totali) La struttura, in passato denominata Forte di Beldiporto, si trova alla periferia est di Bologna, nella zona residenziale ''Murri''. Confina con l'ala della caserma in uso al 5° Battaglione Carabinieri. E' un complesso dalle forme squadrate costituito da un'ampia area di pertinenza e da una serie di palazzine adibite ad alloggi e prevalentemente costruite in muratura di mattoni. Ci sono inoltre locali di servizio, tettoie e capannoni per il ricovero degli automezzi. L'insieme si estende per circa due ettari e intorno al complesso si estendono alcune aree verdi.
Area Ex Sta.Ve.Co (87.500 metri quadrati totali) Il complesso, situato in posizione collinare si sviluppa lungo i viali di circonvallazione sud, nella zona a ridosso del centro storico cittadino. Si tratta di un'area di particolare pregio sia per la presenza di spazi verdi sia per la qualita' delle abitazioni. Venne edificata a partire dall'unita' d'Italia e utilizzata prima come laboratorio pirotecnico, poi come arsenale militare, infine come officina per i mezzi pesanti. L'intero immobile e' stato dichiarato di particolare interesse artistico e storico dal ministero per i Beni e le Attivita' culturali ''per le particolari costruzioni dei fabbricati che documentano l'evolversi della tecnologia edilizia tra otto-novecento''.
Orti sociali per anziani Porzione Prati di Caprara Est (16.890 metri quadrati totali) - È situato nella prima periferia della citta', in una zona aperta e non edificata. L'area, di forma triangolare e pianeggiante, e' in parte occupata da una vasta struttura sanitaria dell'Ospedale Maggiore e in parte dall'amministrazione militare. L'appezzamento, il cui stato di conservazione e' buono, e' completamente recintato con una rete metallica e con un muretto di cemento armato. Su una parte di esso sorge una centrale termica.
Caserma Chiarini (25.824 metri quadrati totali) L'imponente struttura e' situata nella periferia di Bologna, nella zona industriale che si estende in localita' Le Roveri. È composta da cinque costruzioni in buono stato di conservazione circondate da alcuni campetti sportivi e da una vasta area prevalentemente adibita a verde. Parte dei locali e' ora utilizzata dalla Prefettura.
Ex Batteria Dat Alemanni (metri quadrati 2.237 totali) Il terreno si estende nella periferia della citta', in un'area agricola delimitata a nord dalla ferrovia, ad est dalla tangenziale e a sud dalla via del Terrapieno. Sugli altri lati confina con campi coltivati. Il bene era originariamente adibito a postazione di batteria contraerea poi, dal 1959, fu dato in concessione a privati per coltivazioni agricole. Il terreno e' pianeggiante e di forma trapezoidale.
Ex Direzione Lavori (1.531 metri quadrati totali) Il complesso si estende a nordovest della citta', nei pressi della rete autostradale A14, all'aeroporto di Bologna ''Guglielmo Marconi'' e al fiume Reno. In mediocre stato di conservazione, la struttura, la cui superficie coperta e' minima rispetto a quella scoperta, e' costituita da un corpo di fabbrica a due piani e da un'area di pertinenza caratterizzata da una folta vegetazione spontanea. Area Prati di Caprara Est Ex Area Addestrativa (271.492 metri quadrati) Il complesso, insieme agli Orti sociali per anziani, costituisce l'Area Prati di Caprara Est. Si trova a nordovest di Bologna in Via dell'Ospedale nei pressi della rete ferroviaria. La struttura in passato era utilizzata per l'addestramento del corpo militare. E' articolata da una ventina di fabbricati, di cui sei utilizzati come ricoveri dei mezzi militari, e una serie di palazzine adibite ad alloggi
Caserma San Mamolo (5.250 metri quadrati di superficie totale) L'immobile, che fa parte del piu' antico complesso del convento e della chiesa della SS. Annunziata, e' situato lungo i viali di circonvallazione sud, a ridosso del centro storico. Il complesso e' stato oggetto di lunghi restauri che hanno consentito di riportare alla luce l'elegante portico sulla via S. Mamolo e di restaurare le pitture che ne decorano le lunette. Il complesso presenta una solida struttura muraria in mattoni intonacata e tinteggiata esternamente nel caratteristico colore ''rosso bolognese''. Il ministero per i Beni e le Attivita' culturali ha riconosciuto il suo particolare interesse storico-artistico.
Compendio Monte Paterno (9.396 metri quadrati di superficie totale) Complesso originariamente adibito a polveriera situato nella peroferia sud della citta' in una zona agricola collinare di tutela ambientale a circa 5 km dal centro di Bologna. La struttura di forma quadrata confina con terreni agricoli e con il Parco di Monte Paderno.
Ex Polveriera Val d'Aposa (7.844 metri quadrati di superficie totale) Situato ai piedi della zona collinare a sud della citta' a circa 2 km dai viali di circonvallazione sud, il complesso insiste su un'area molto interessante dal punto di vista commerciale in quanto vicina al centro cittadino e con una rilevante presenza di verde. La struttura e' di interesse storico: uno dei magazzini, l'originaria polveriera, e' un raro esempio di architettura militare ottocentesca in Emilia-Romagna.
Caserma Sani-Commissariato militare Casaralta (113.885 metri quadrati totali) La struttura si estende in una zona pianeggiante a nord della stazione e del centro di Bologna e prospiciente alla zona fieristica. Il complesso, il cui stato di conservazione e' buono, si compone di diversi edifici anche di notevoli dimensioni.
Ex infermeria quadrupedi San Vittore (2.736 metri quadrati totali) Il complesso e' situato nella periferia sud di Bologna, in posizione collinare a circa 1,5 km dal perimetro esterno del centro, nei pressi dell'ex Seminario arcivescovile. La struttura, che si trova in buono stato di conservazione, si articola in due strutture con tettoia in parte chiusa, che in passato furono destinate prima a polveriera poi a stalla per la cura degli animali utilizzati per le attivita' militari. L'intera zona comprende aree di valore naturalistico.
Caserma Mazzoni – Porzione Esercito (55.057 metri quadrati totali) La struttura, in passato denominata Forte di Beldiporto, si trova alla periferia est di Bologna, nella zona residenziale ''Murri''. Confina con l'ala della caserma in uso al 5° Battaglione Carabinieri. E' un complesso dalle forme squadrate costituito da un'ampia area di pertinenza e da una serie di palazzine adibite ad alloggi e prevalentemente costruite in muratura di mattoni. Ci sono inoltre locali di servizio, tettoie e capannoni per il ricovero degli automezzi. L'insieme si estende per circa due ettari e intorno al complesso si estendono alcune aree verdi.
Area Ex Sta.Ve.Co (87.500 metri quadrati totali) Il complesso, situato in posizione collinare si sviluppa lungo i viali di circonvallazione sud, nella zona a ridosso del centro storico cittadino. Si tratta di un'area di particolare pregio sia per la presenza di spazi verdi sia per la qualita' delle abitazioni. Venne edificata a partire dall'unita' d'Italia e utilizzata prima come laboratorio pirotecnico, poi come arsenale militare, infine come officina per i mezzi pesanti. L'intero immobile e' stato dichiarato di particolare interesse artistico e storico dal ministero per i Beni e le Attivita' culturali ''per le particolari costruzioni dei fabbricati che documentano l'evolversi della tecnologia edilizia tra otto-novecento''.
Orti sociali per anziani Porzione Prati di Caprara Est (16.890 metri quadrati totali) - È situato nella prima periferia della citta', in una zona aperta e non edificata. L'area, di forma triangolare e pianeggiante, e' in parte occupata da una vasta struttura sanitaria dell'Ospedale Maggiore e in parte dall'amministrazione militare. L'appezzamento, il cui stato di conservazione e' buono, e' completamente recintato con una rete metallica e con un muretto di cemento armato. Su una parte di esso sorge una centrale termica.
Caserma Chiarini (25.824 metri quadrati totali) L'imponente struttura e' situata nella periferia di Bologna, nella zona industriale che si estende in localita' Le Roveri. È composta da cinque costruzioni in buono stato di conservazione circondate da alcuni campetti sportivi e da una vasta area prevalentemente adibita a verde. Parte dei locali e' ora utilizzata dalla Prefettura.
Ex Batteria Dat Alemanni (metri quadrati 2.237 totali) Il terreno si estende nella periferia della citta', in un'area agricola delimitata a nord dalla ferrovia, ad est dalla tangenziale e a sud dalla via del Terrapieno. Sugli altri lati confina con campi coltivati. Il bene era originariamente adibito a postazione di batteria contraerea poi, dal 1959, fu dato in concessione a privati per coltivazioni agricole. Il terreno e' pianeggiante e di forma trapezoidale.
Ex Direzione Lavori (1.531 metri quadrati totali) Il complesso si estende a nordovest della citta', nei pressi della rete autostradale A14, all'aeroporto di Bologna ''Guglielmo Marconi'' e al fiume Reno. In mediocre stato di conservazione, la struttura, la cui superficie coperta e' minima rispetto a quella scoperta, e' costituita da un corpo di fabbrica a due piani e da un'area di pertinenza caratterizzata da una folta vegetazione spontanea. Area Prati di Caprara Est Ex Area Addestrativa (271.492 metri quadrati) Il complesso, insieme agli Orti sociali per anziani, costituisce l'Area Prati di Caprara Est. Si trova a nordovest di Bologna in Via dell'Ospedale nei pressi della rete ferroviaria. La struttura in passato era utilizzata per l'addestramento del corpo militare. E' articolata da una ventina di fabbricati, di cui sei utilizzati come ricoveri dei mezzi militari, e una serie di palazzine adibite ad alloggi
LE AREE DEMANIALI ACQUISITE DAL COMUNE DI BOLOGNA: RIFLESSIONI E PROPOSTE
(Questo articolo uscirà nel numero di Maggio di “IO ABITO”, la rivista dell’ASPPI della Provincia di Bologna)
Il Comune di Bologna e l’Agenzia del Demanio hanno firmato recentemente una convenzione per la riqualificazione di 19 aree militari dismesse (come le ex Caserme Chiarini, Mazzoni, Sani, Masini, e parte delle d’Azeglio, S. Mamolo, Minghetti e Mameli, le aree di Prati di Caprara, l’area Staveco etc.), che riguardano complessivamente il recupero di 83 ettari e l’edificazione di circa 318.000 mq di superficie lorda edificabile.
L’intesa definisce le modalità per il completamento del PUV – Programma Unitario di Valorizzazione – è rappresenta una straordinaria opportunità di trasformazione urbana di aree ed immobili della nostra città che andranno ad incrementare le dotazioni territoriali a servizio della cittadinanza: aree verdi, parchi, spazi culturali, scolastici, sociali e sportivi, oltre a servizi commerciali e residenze pubbliche e private, viabilità e reti infrastrutturali.
La città cambierà volto nei prossimi anni, la cittadella pubblica per le attività scolastiche e sportive che verrà realizzata nell’area ex Staveco diverrà la nuova porta di accesso alla collina , la realizzazione del grande parco urbano dei Prati di Caprara (27 ettari), la nuova connessione ecologica tra Reno e centro città, nuove abitazioni sociali, importanti interventi di restauro e recupero di immobili di interesse storico e architettonico.
E’ auspicabile che gli interventi edilizi di riqualificazione, che comporteranno una significativa ricaduta in termine di nuovi posti di lavoro, siano ispirati ai nuovi criteri di bioedilizia ad alta efficienza energetica che riducano l’inquinamento ed i consumi senza intaccare le comodità della vita moderna anzi migliorandone la qualità, che gli edifici sia privati che pubblici siano immersi nel verde e sfruttino l’illuminazione naturale, oltre che l’energia ricavata dal calore della terra (geotermia)per riscaldare e raffreddare, installando pannelli solari fotovoltaici e termici per produrre energia da trasferire con nuove reti di trasmissione.
La sfida da vincere, la vecchia civiltà dei consumi che cambia volto e pelle perseguendo due obiettivi: minor consumo d’energia e produzione di energia rinnovabile.
Cura dell’ambiente e nuovi materiali per andare oltre la crisi, considerando il fattore ambientale quale variabile dipendente della crisi economica che stiamo attraversando, quindi un opportunità e non un ostacolo alla ripresa .(Patrizia Beccari)
Il Comune di Bologna e l’Agenzia del Demanio hanno firmato recentemente una convenzione per la riqualificazione di 19 aree militari dismesse (come le ex Caserme Chiarini, Mazzoni, Sani, Masini, e parte delle d’Azeglio, S. Mamolo, Minghetti e Mameli, le aree di Prati di Caprara, l’area Staveco etc.), che riguardano complessivamente il recupero di 83 ettari e l’edificazione di circa 318.000 mq di superficie lorda edificabile.
L’intesa definisce le modalità per il completamento del PUV – Programma Unitario di Valorizzazione – è rappresenta una straordinaria opportunità di trasformazione urbana di aree ed immobili della nostra città che andranno ad incrementare le dotazioni territoriali a servizio della cittadinanza: aree verdi, parchi, spazi culturali, scolastici, sociali e sportivi, oltre a servizi commerciali e residenze pubbliche e private, viabilità e reti infrastrutturali.
La città cambierà volto nei prossimi anni, la cittadella pubblica per le attività scolastiche e sportive che verrà realizzata nell’area ex Staveco diverrà la nuova porta di accesso alla collina , la realizzazione del grande parco urbano dei Prati di Caprara (27 ettari), la nuova connessione ecologica tra Reno e centro città, nuove abitazioni sociali, importanti interventi di restauro e recupero di immobili di interesse storico e architettonico.
E’ auspicabile che gli interventi edilizi di riqualificazione, che comporteranno una significativa ricaduta in termine di nuovi posti di lavoro, siano ispirati ai nuovi criteri di bioedilizia ad alta efficienza energetica che riducano l’inquinamento ed i consumi senza intaccare le comodità della vita moderna anzi migliorandone la qualità, che gli edifici sia privati che pubblici siano immersi nel verde e sfruttino l’illuminazione naturale, oltre che l’energia ricavata dal calore della terra (geotermia)per riscaldare e raffreddare, installando pannelli solari fotovoltaici e termici per produrre energia da trasferire con nuove reti di trasmissione.
La sfida da vincere, la vecchia civiltà dei consumi che cambia volto e pelle perseguendo due obiettivi: minor consumo d’energia e produzione di energia rinnovabile.
Cura dell’ambiente e nuovi materiali per andare oltre la crisi, considerando il fattore ambientale quale variabile dipendente della crisi economica che stiamo attraversando, quindi un opportunità e non un ostacolo alla ripresa .(Patrizia Beccari)
mercoledì 6 maggio 2009
PAROLE DI POLITICA da HOPE - n.15 - dicembre 2008
PUBBLICO QUESTO ARTICOLO SCRITTO DA ROMANO PRODI PERCHE' RITENGO AFFRONTI UNO DEI PRINCIPALI PROBLEMI DI QUESTI ANNI: LA COMUNICAZIONE
Mi è stato chiesto di riflettere sul rapporto tra la parola e la politica, e cioè di dire la mia su un tema immenso e quasi smisurato. Confesso che non ce la faccio proprio ad affrontarlo tutto intero, con tutte le sue infinite implicazioni. Mi limiterò quindi a ragionare su un solo aspetto del rapporto fra la parola e la politica e cioè sulla parola come strumento di conquista del consenso politico. Per essere ancora più preciso sulla parola nella campagna elettorale.
Mi è stato chiesto di riflettere sul rapporto tra la parola e la politica, e cioè di dire la mia su un tema immenso e quasi smisurato. Confesso che non ce la faccio proprio ad affrontarlo tutto intero, con tutte le sue infinite implicazioni. Mi limiterò quindi a ragionare su un solo aspetto del rapporto fra la parola e la politica e cioè sulla parola come strumento di conquista del consenso politico. Per essere ancora più preciso sulla parola nella campagna elettorale.
Sotto molti aspetti si può affermare che, almeno negli ultimi duemila anni, nulla è cambiato nell’uso della parola per convincere gli elettori. Ma poi, guardando bene dentro alle cose, possiamo invece affermare che tutto è cambiato.
Cerchiamo di divertirci un poco partendo da due documenti di duemila anni fa per poi passare direttamente a oggi.
Il primo documento è un vero e proprio manuale scritto da Quinto Tullio Cicerone per aiutare il più illustre fratello Marco Tullio durante la campagna elettorale per il consolato nel 63 avanti Cristo. Un documento raffinato ma anche estremamente semplice su cosa bisogna fare ma, soprattutto, su cosa bisogna dire per conquistare la fiducia degli elettori (Quinto Tullio Cicerone, Manualetto di campagna elettorale, Ed. Salerno, Roma, 2006).Di insegnamenti che oggi potremmo chiamare “politicamente corretti” ne leggiamo ben pochi. La parola è ritenuta un semplice strumento per convincere gli elettori e, perciò, ogni parola, ogni promessa è lecita, purché raggiunga il suo scopo.La conquista del voto dipende dalla promessa di benefici, dalla speranza e, anche, dalla simpatia che si riesce a suscitare in coloro che debbono depositare il loro voto nelle urne. La parola deve perciò essere esclusivamente dedicata a raggiungere questi tre obiettivi.Tutto il manuale elettorale è perciò dedicato a come promettere, a come creare speranze e simpatia, con qualsiasi strumento. E per raggiungere questo obiettivo tutto è lecito, a partire dalla simulazione, per cui il candidato non dovrà limitarsi a pronunciare solo le parole gradite ai suoi interlocutori, ma dovrà anche accompagnare alle parole le espressioni del volto e gli atteggiamenti che più saranno in grado di costruire consenso attorno alla propria persona.Il raffinato manuale non si limita tuttavia a questo e, come succede nelle migliori famiglie, si dedica accuratamente ad elencare gli strumenti di denigrazione da usare nei confronti degli avversari politici.Antonio e Catilina debbono essere perciò attaccati nel modo più violento possibile, calcando la mano sui loro debiti, le amicizie dubbie, lo sperpero del denaro, il lusso, la lussuria e tutti i vizi di cui si può macchiare un essere umano. Si adombrano anche ipotesi (non ben confermate) di delitti e di nefandezze che, certamente, possono colpire l’immagine degli elettori.Un manuale completo, metodico e raffinato per un politico raffinato che, chiamandosi Cicerone sa, più di ogni altro, fare buon uso della parola.Il secondo documento a cui voglio riferirmi, ci porta di fronte ad una realtà radicalmente più popolare, riguardo alla quale vengono usate parole semplici, dirette al popolo minuto, per una gara elettorale di livello locale. Mi riferisco alle divertentissime e semplici scritture murali di propaganda elettorale che ancora oggi si possono leggere sui muri di Pompei. Parole che il Vesuvio ha portato direttamente a noi.“I fruttivendoli chiedono di votare per Marco Cerinio”. E tante altri scritti in favore del candidato degli osti, dei professori, dei mulattieri o degli abitanti dei diversi quartieri. Nessuna raffinata motivazione: al massimo il candidato viene definito virtuoso, meritevole e capace di interpretare gli interessi della collettività.Parole semplici, che vengono ripetute migliaia di volte sui muri di tutta Pompei: basta pensare che più di mille di questi “murales” ante-litteram sono arrivati fino a noi.
In fondo analizzando questi due diversi esempi di espressione politica, si potrebbe concludere che, riguardo all’uso della parola, non vi è nulla di nuovo rispetto alle campagne elettorali di oggi: allora come oggi si usavano parole semplici per le persone semplici e parole raffinate per convincere gli elettori di livello più elevato.Le similitudini sono evidentemente molte perché anche oggi la parola nelle campagne elettorali è usata per creare promesse, speranze, simpatie e, soprattutto, per denigrare gli avversari. E, oggi come allora, non vengono dedicate molte energie perché queste parole siano fra di loro coerenti e, complessivamente veritiere.
Le similitudini, però, si fermano qui perché la parola, nelle campagne elettorali moderne, viene accompagnata da strumenti che la rendono infinitamente più potente ed efficace rispetto a quanto avveniva in passato.Il primo strumento è la moltiplicazione in modo diretto ed indiretto della sua intensità attraverso i moderni canali di comunicazione.Ed in questi canali il modo indiretto prevale ormai sulla parola stessa.Un moderno manuale di campagna elettorale non solo non potrebbe mai contenere le scritte ingenue e dirette dei muri di Pompei ma non potrebbe nemmeno accontentarsi dei complessi insegnamenti del fratello minore di Cicerone.L’attacco diretto all’avversario si rivolgerebbe facilmente contro a chi lo pronuncia. Occorre qualcosa di più complesso: uno screditamento generale dell’avversario e di tutto quello che gli sta attorno. Una demolizione progressiva della sua personalità, un feroce uso del ridicolo: il tutto possibilmente in modo obliquo, nel quale il linguaggio del candidato è sempre accompagnato dagli echi presunti o reali degli effetti delle sue parole sugli elettori.Non basta la parola ma occorre dimostrare che essa ha prodotto effetti devastanti sugli avversari.Alla parola si accompagnano perciò le indagini demoscopiche e gli “opinion polls”. Essi non servono solo a mettere in luce la forza del “nostro candidato”, ma ci abituano a modificare e ad adattare le parole che verranno pronunciate successivamente agli effetti delle parole precedenti, che appunto emergono dalle indagini e dagli “opinion polls”.La parola diventa quindi non solo strumentale ma sempre più provvisoria, in attesa di essere modificata a seconda delle reazioni che la parola precedente ha provocato. Viviamo cioè nel continuo inseguimento fra la parola ed il suo eco. E l’eco diventa più importante della parola stessa.Questo gioco fra la parola e il suo eco diventa così rapido che il cittadino, cioè l’elettore finisce con l’essere così stordito, da non capire più il significato delle parole stesse.Lo stordimento è tale che si perde una condizione indispensabile perché la parola sia efficace, e cioè la memoria. E senza la memoria diventa impossibile giudicare l’aspetto più importante della parola, e cioè la sua coerenza.Il martellamento diretto ed indiretto dei media raggiunge infatti dimensioni e ritmi tali per cui diventa sempre più difficile costruire i legami e i collegamenti che permettono alla parola di conservare il suo contenuto espressivo.Se è quindi vero che l’uso della parola nella campagna elettorale non sembra offrire novità radicali rispetto a duemila anni fa, esso è oggi totalmente diverso per effetto della presenza sempre più pervasiva del sistema dei media.L’eccesso di parole e il modo con cui questo eccesso viene gestito rende incomprensibile la realtà sottostante e rende sempre più difficile distinguere questa realtà dalla mistificazione.Il processo è andato così avanti per cui molti si chiedono se questo non mette addirittura a rischio la vita della democrazia stessa.Io credo che questo processo di deterioramento stia procedendo in modo quasi inarrestabile e che sia perciò necessario ed urgente adottare importanti misure correttive.La democrazia, per funzionare, richiede infatti una presenza equilibrata della parola e dell’ascolto.Questo obiettivo non è però raggiungibile senza un uso misurato ed equilibrato dei media che trasportano ed amplificano la parola fino a falsarne completamente l’ascolto.Senza equilibrio e senza misura la parola non può arrivare né al cuore né al cervello. E se non vi arriva non dobbiamo stupirci se la democrazia si inaridisce e i cittadini diventano sempre più scettici e rabbiosi.
Romano Prodi
Cerchiamo di divertirci un poco partendo da due documenti di duemila anni fa per poi passare direttamente a oggi.
Il primo documento è un vero e proprio manuale scritto da Quinto Tullio Cicerone per aiutare il più illustre fratello Marco Tullio durante la campagna elettorale per il consolato nel 63 avanti Cristo. Un documento raffinato ma anche estremamente semplice su cosa bisogna fare ma, soprattutto, su cosa bisogna dire per conquistare la fiducia degli elettori (Quinto Tullio Cicerone, Manualetto di campagna elettorale, Ed. Salerno, Roma, 2006).Di insegnamenti che oggi potremmo chiamare “politicamente corretti” ne leggiamo ben pochi. La parola è ritenuta un semplice strumento per convincere gli elettori e, perciò, ogni parola, ogni promessa è lecita, purché raggiunga il suo scopo.La conquista del voto dipende dalla promessa di benefici, dalla speranza e, anche, dalla simpatia che si riesce a suscitare in coloro che debbono depositare il loro voto nelle urne. La parola deve perciò essere esclusivamente dedicata a raggiungere questi tre obiettivi.Tutto il manuale elettorale è perciò dedicato a come promettere, a come creare speranze e simpatia, con qualsiasi strumento. E per raggiungere questo obiettivo tutto è lecito, a partire dalla simulazione, per cui il candidato non dovrà limitarsi a pronunciare solo le parole gradite ai suoi interlocutori, ma dovrà anche accompagnare alle parole le espressioni del volto e gli atteggiamenti che più saranno in grado di costruire consenso attorno alla propria persona.Il raffinato manuale non si limita tuttavia a questo e, come succede nelle migliori famiglie, si dedica accuratamente ad elencare gli strumenti di denigrazione da usare nei confronti degli avversari politici.Antonio e Catilina debbono essere perciò attaccati nel modo più violento possibile, calcando la mano sui loro debiti, le amicizie dubbie, lo sperpero del denaro, il lusso, la lussuria e tutti i vizi di cui si può macchiare un essere umano. Si adombrano anche ipotesi (non ben confermate) di delitti e di nefandezze che, certamente, possono colpire l’immagine degli elettori.Un manuale completo, metodico e raffinato per un politico raffinato che, chiamandosi Cicerone sa, più di ogni altro, fare buon uso della parola.Il secondo documento a cui voglio riferirmi, ci porta di fronte ad una realtà radicalmente più popolare, riguardo alla quale vengono usate parole semplici, dirette al popolo minuto, per una gara elettorale di livello locale. Mi riferisco alle divertentissime e semplici scritture murali di propaganda elettorale che ancora oggi si possono leggere sui muri di Pompei. Parole che il Vesuvio ha portato direttamente a noi.“I fruttivendoli chiedono di votare per Marco Cerinio”. E tante altri scritti in favore del candidato degli osti, dei professori, dei mulattieri o degli abitanti dei diversi quartieri. Nessuna raffinata motivazione: al massimo il candidato viene definito virtuoso, meritevole e capace di interpretare gli interessi della collettività.Parole semplici, che vengono ripetute migliaia di volte sui muri di tutta Pompei: basta pensare che più di mille di questi “murales” ante-litteram sono arrivati fino a noi.
In fondo analizzando questi due diversi esempi di espressione politica, si potrebbe concludere che, riguardo all’uso della parola, non vi è nulla di nuovo rispetto alle campagne elettorali di oggi: allora come oggi si usavano parole semplici per le persone semplici e parole raffinate per convincere gli elettori di livello più elevato.Le similitudini sono evidentemente molte perché anche oggi la parola nelle campagne elettorali è usata per creare promesse, speranze, simpatie e, soprattutto, per denigrare gli avversari. E, oggi come allora, non vengono dedicate molte energie perché queste parole siano fra di loro coerenti e, complessivamente veritiere.
Le similitudini, però, si fermano qui perché la parola, nelle campagne elettorali moderne, viene accompagnata da strumenti che la rendono infinitamente più potente ed efficace rispetto a quanto avveniva in passato.Il primo strumento è la moltiplicazione in modo diretto ed indiretto della sua intensità attraverso i moderni canali di comunicazione.Ed in questi canali il modo indiretto prevale ormai sulla parola stessa.Un moderno manuale di campagna elettorale non solo non potrebbe mai contenere le scritte ingenue e dirette dei muri di Pompei ma non potrebbe nemmeno accontentarsi dei complessi insegnamenti del fratello minore di Cicerone.L’attacco diretto all’avversario si rivolgerebbe facilmente contro a chi lo pronuncia. Occorre qualcosa di più complesso: uno screditamento generale dell’avversario e di tutto quello che gli sta attorno. Una demolizione progressiva della sua personalità, un feroce uso del ridicolo: il tutto possibilmente in modo obliquo, nel quale il linguaggio del candidato è sempre accompagnato dagli echi presunti o reali degli effetti delle sue parole sugli elettori.Non basta la parola ma occorre dimostrare che essa ha prodotto effetti devastanti sugli avversari.Alla parola si accompagnano perciò le indagini demoscopiche e gli “opinion polls”. Essi non servono solo a mettere in luce la forza del “nostro candidato”, ma ci abituano a modificare e ad adattare le parole che verranno pronunciate successivamente agli effetti delle parole precedenti, che appunto emergono dalle indagini e dagli “opinion polls”.La parola diventa quindi non solo strumentale ma sempre più provvisoria, in attesa di essere modificata a seconda delle reazioni che la parola precedente ha provocato. Viviamo cioè nel continuo inseguimento fra la parola ed il suo eco. E l’eco diventa più importante della parola stessa.Questo gioco fra la parola e il suo eco diventa così rapido che il cittadino, cioè l’elettore finisce con l’essere così stordito, da non capire più il significato delle parole stesse.Lo stordimento è tale che si perde una condizione indispensabile perché la parola sia efficace, e cioè la memoria. E senza la memoria diventa impossibile giudicare l’aspetto più importante della parola, e cioè la sua coerenza.Il martellamento diretto ed indiretto dei media raggiunge infatti dimensioni e ritmi tali per cui diventa sempre più difficile costruire i legami e i collegamenti che permettono alla parola di conservare il suo contenuto espressivo.Se è quindi vero che l’uso della parola nella campagna elettorale non sembra offrire novità radicali rispetto a duemila anni fa, esso è oggi totalmente diverso per effetto della presenza sempre più pervasiva del sistema dei media.L’eccesso di parole e il modo con cui questo eccesso viene gestito rende incomprensibile la realtà sottostante e rende sempre più difficile distinguere questa realtà dalla mistificazione.Il processo è andato così avanti per cui molti si chiedono se questo non mette addirittura a rischio la vita della democrazia stessa.Io credo che questo processo di deterioramento stia procedendo in modo quasi inarrestabile e che sia perciò necessario ed urgente adottare importanti misure correttive.La democrazia, per funzionare, richiede infatti una presenza equilibrata della parola e dell’ascolto.Questo obiettivo non è però raggiungibile senza un uso misurato ed equilibrato dei media che trasportano ed amplificano la parola fino a falsarne completamente l’ascolto.Senza equilibrio e senza misura la parola non può arrivare né al cuore né al cervello. E se non vi arriva non dobbiamo stupirci se la democrazia si inaridisce e i cittadini diventano sempre più scettici e rabbiosi.
Romano Prodi
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Riflessioni sulla comunicazione in Italia
domenica 3 maggio 2009
Guccini: "Su per la collina"
Da una poesia scritta in Bolognese, tradotta da Guccini. Parla dei partigiani
sabato 2 maggio 2009
RIFLESSIONI SULLA CULTURA A BOLOGNA
Costruire qualcosa, per costruire qualcosa, per costruire qualcosa… Fare cultura è una lunga strada senza fine. E’ la politica. Bisogna averlo ben presente in una città che ha il proprio futuro nella capacità di distinguersi da un appiattimento generale e nel saper gestire l’unione fra una nobile tradizione e un avvenire spinoso da rendere intrigante.
LA CULTURA DEI CENTO FIORI
LA CULTURA DEI CENTO FIORI
Cultura sono tanti piccoli fiori. Pirro Cuniberti ha dipinto un bellissimo quadro per la strage della stazione: 85 fiori che si staccano da terra verso il cielo. Sono le vittime della strage, 85 esistenze. Bene, noi i fiori dobbiamo richiamarli verso la terra. Far discendere la poesia. Fare arte dell’esistenza dei bolognesi. L’esistenza come arte. Dobbiamo far bella la quotidianità, oltre che mettere in piedi eventi e cartelloni di manifestazioni.
Questo è il futuro vero di Bologna. Poesia senza fare tanta poesia, concreti. E bisogna trovare come riempire questo proposito con fatti reali.
Per far funzionare la cultura di questi tempi bisogna farla tutti i giorni. Con i cittadini e con gli esperti. Senza la presunzione di nessuno.
La sconfitta se andiamo avanti così è solo rimandata, mentre un certo modo di vivere a Bologna e di vivere Bologna si frantuma sempre più. Il rischio è di ritrovarsi ad inseguire la destra su terreni dove lei è più esperta, dove gioca in casa. Dai divertimenti ai comportamenti ai modi di stare insieme.
Non è vero che la sicurezza non sia né di destra né di sinistra, come non è vero che la cultura non sia né di destra né di sinistra. Però in una città la cultura non è figlia (solo figlia) dei Grandi Eventi che è in grado di mettere in piedi (importanti, attenti, ma non isolabili da un contesto: se no tutto è senza colori, non hanno il segno di chi lo fa: guardate Roma). E’ frutto dei comportamenti, scelte, creazioni, rifiuti che si riescono a costruire e far costruire in mezzo alla gente comune. La cultura è più che scegliere Mussolini o Gramsci. E’ un atteggiamento collettivo (e i referenti diversi si sentono).
Su questo dobbiamo lavorare, per costruire un. Si chiama antropologia culturale, noi diciamo modo di vivere la città e i rapporti.
FRA DEGRADO E RIVOLUZIONE
Il degrado nasce dal distacco fra una città e i suoi abitanti. Quelli nati qui, quelli che vi arrivano per studiare e lavorare o solo per sfangare la vita. Gli immigrati necessari, cercati, temuti, non sopportati, utili, pericolosi, integrati, orgogliosi, dannosi. Folla composita. E da analizzare anche lei nella sua composizione, non come un tutto unico: razziale, razzista.
Quindi d’accordo gli eventi, I Grandi Eventi, i cartelloni, le estati e le inverni, le stagioni e le mezze stagioni. Ma soprattutto serve il giorno per giorno.
Esempi, buttati lì
VITA IN PERIFERIA
Avete presente la gentilezza, la disponibilità, l’arguzia che si porta dietro un sacco di gente che vive nei quartieri tradizionali di Bologna? I pensionati, certo, i mitici anziani di Bologna che parlano in dialetto e ragionano alla grande. Ma anche gli sforzi di tanti immigrati di mostrarsi conoscitori della loro nuova città.
Tutto questo è cultura. E allora perchè fermare l’attività di tanta gente ai controlli davanti alle scuole? Perché non fare funzionare quei cervelli? Sapendo che sono diversi dai nostri.
Si possono creare (autocreare, promuovere, proporre…) squadre di persone che uno volta alla settimana, al mese, quando credono passano in rassegna il quartiere, segnano tutto quello che secondo loro non va: bidoni della spazzatura, scritte, sporcizia e via di seguito. E segnano anche cosa si può fare. Far funzionare il cervello oltre che le gambe. Bar disposti ad organizzare tornei, mini feste di strada, parrocchie da collegare, negozi da salvare, tanto si può escogitare, fare. Far funzionare la fantasia. Per obbligo, in partenza. Poi si spera per piacere.
Questa è appartenenza, spirito civico, anima di Bologna messa in movimento dai bolognesi doc e da quelli futuri.
Una volta al mese o con altra periodicità riunirsi per decidere il da fare. Al Comune può costare qualche barattolo di vernice, qualche bidone, qualche poster. Il lavoro dovrà essere ripetuto, ma in questa ripetitività, voglia di miglioramento sta la chiave dei rapporti di unità, condivisione, affetto.
VIGILANZA NON VIGILANTES
Questa attività un tempo si chiamava vigilanza democratica, poi si è parlato di vigilantes. Noi diciamo che è partecipazione alla vita del quartiere.
C’è già, ma deve essere pensata come se si fosse in un paese, poco demandata, Se non nelle decisioni finali, che chiamano in gioco la struttura istituzionale. Il rapporto con i vicini va aiutato in base ai progetti comuni, ma anche in un rapporto concorrenziale.
La ronde (francese voluto, significa amore non poliziotti) nel quartiere deve essere un gioco. Non è controllo, è cultura del vedere e del pensare.
In un meccanismo collettivo. Nonni con i nipoti. Fidanzati, amici, clan, gruppi
Servono tutti quelli che devono e hanno voglia di leggere la città.
L’attività, proprio perchè, deve essere non stancante, non opprimente, ritmo lento. I risultati sono anche nella mescolanza di età, visioni, approcci, letture, soluzioni
I risultati almeno all’inizio sono quasi solo di coinvolgimento
Un quartiere si arricchisce così.
Scusate ma è il vecchio meccanismo delle Feste dell’Unità: partecipazione, politica, divertimento, mugugni che diventano decisioni
FINE DELLO SVILUPPO OLTRE GLI ATTUALI SPAZI?
La densità degli insediamenti è la chiave di volta per la realizzazione di nuovi equilibri abitativi dentro i contesti metropolitani. Differenti modelli tipologici si offrono, da quelli che vogliono uno sviluppo verticale a quelli che indicano morfologie orizzontali. Ma in entrambi i casi per Mario Botta sembra ormai consolidata l’indicazione che le città non dovrebbero espandersi oltre gli attuali limiti urbanizzati. Lo sviluppo all’interno di aree divenute obsolete (ex-industriali, ex-militari, ecc.) è un altro gran tema, come quello dei possibili vantaggi derivanti dalle infrastrutture e dai servizi già esistenti ed il conseguente contenimento dei costi sociali.
La città mi pare destinata, anche nelle sue nuove dimensioni, a crescere su se stessa, a consolidare il processo di continua stratificazione storica che è stato una sua costante peculiarità.
Per questo la periferia va considerata come una città nella città con i suoi valori e il legame che lo lega al resto.
Ormai non è più serie B, ammesso lo sia mai stato.
E’ CITTA’ a tutti gli effetti
E come tale va trattata dalla CULTURA Organizzata e dalla Cultura pensata
Se fosse possibile andrebbero aiutati salotti radical-chic in periferia e feste popolari in centro.
CENTRO CITTADINO
La zona universitaria e il centro in genere sono un disastro, ora. Se repressione ci deve essere, sia affidata al controllo notturno di pattuglie di vigili urbani che controllino devastazioni, scritte, porcherie varie. Non fernandosi al centro ma estendendosi a tutta Bologna. In contatto con Ps e Cc.
Non ci saremo abituati, fa molto inglese, ma il poliziotto di quartiere è uno dei meccanismi più forti per far sentire le persone parte di una città, per coinvolgerle anche nel pensarla quella città senza affidarsi alle gonne dei politici o dei poliziotti.
Per cambiare la situazione si può procedere con squadre di negozianti, ma è rischioso. Molto rischioso. Per i negozianti e i rapporti in città.
Bisogna coinvolgere i giovani, gli studenti. Per segnalare, non reprimere, per pensare, proporre. Magari partendo dalla voglia di scarabocchiare un muro. Cercare di portare i writer, i graffitari, gli stessi vandali con la bomboletta a ragionare su cosa farebbero se potessero pensare un pezzo di strada, Cosa programmerebbero, invece di rubare una scritta, di scappare dopo il bel gesto. Tramutare i nuovi barbari in nuovi cittadini di Roma. Senza rinnegare la loro cultura. Mica va seguito il loro consiglio (ammesso che non spacchino tutto), ma almeno va tenuto da conto, mediato, discusso.
Già si fa qualcosa (ad esempio, l’attività della Fondazione Don Paolo Serra Zanetti)
Bisogna allargare la rete. Trovare ragazzi, cercarli, coinvolgerli. Già la ricerca è azione. Si cerca ciò che si desidera trovare. Non criminalizzare, almeno all’inizio.
Il termine Pianificazione a proposito dell’intervento risparmiamocelo.
L’azione poi spetta a chi di dovere, sia pubblico che privato.
Chiarissime alcune cose:
- Bologna non può andare avanti tutta scarabocchiata
- lo scarabocchio può essere un fatto particolare, in nessuna altra città ce ne è tanto
- cow boy e indiani devono trovare non un accordo, ma confini e pascoli
- la bellezza non va però tutelata a senso unico. Bologna città bottegaia fattasi boutiquiera (economista Carlo Dadda) non può permettersi le vetrine brutte che segnano il suo centro: alluminio, brutte insegne, brutti banconi, negozi storici massacrati
- Il problema è della Sovrintendenza, ma le associazioni dei commercianti non possono non vedere, ragionare sul, sul rapporto fra negozi, mercanzia, serrande, insegne per fare di Bologna una città con un richiamo ad hoc.
IL CENTRO STORICO E’ SENSO DI PIETRE ED UMANI
Questo è il futuro vero di Bologna. Poesia senza fare tanta poesia, concreti. E bisogna trovare come riempire questo proposito con fatti reali.
Per far funzionare la cultura di questi tempi bisogna farla tutti i giorni. Con i cittadini e con gli esperti. Senza la presunzione di nessuno.
La sconfitta se andiamo avanti così è solo rimandata, mentre un certo modo di vivere a Bologna e di vivere Bologna si frantuma sempre più. Il rischio è di ritrovarsi ad inseguire la destra su terreni dove lei è più esperta, dove gioca in casa. Dai divertimenti ai comportamenti ai modi di stare insieme.
Non è vero che la sicurezza non sia né di destra né di sinistra, come non è vero che la cultura non sia né di destra né di sinistra. Però in una città la cultura non è figlia (solo figlia) dei Grandi Eventi che è in grado di mettere in piedi (importanti, attenti, ma non isolabili da un contesto: se no tutto è senza colori, non hanno il segno di chi lo fa: guardate Roma). E’ frutto dei comportamenti, scelte, creazioni, rifiuti che si riescono a costruire e far costruire in mezzo alla gente comune. La cultura è più che scegliere Mussolini o Gramsci. E’ un atteggiamento collettivo (e i referenti diversi si sentono).
Su questo dobbiamo lavorare, per costruire un
FRA DEGRADO E RIVOLUZIONE
Il degrado nasce dal distacco fra una città e i suoi abitanti. Quelli nati qui, quelli che vi arrivano per studiare e lavorare o solo per sfangare la vita. Gli immigrati necessari, cercati, temuti, non sopportati, utili, pericolosi, integrati, orgogliosi, dannosi. Folla composita. E da analizzare anche lei nella sua composizione, non come un tutto unico: razziale, razzista.
Quindi d’accordo gli eventi, I Grandi Eventi, i cartelloni, le estati e le inverni, le stagioni e le mezze stagioni. Ma soprattutto serve il giorno per giorno.
Esempi, buttati lì
VITA IN PERIFERIA
Avete presente la gentilezza, la disponibilità, l’arguzia che si porta dietro un sacco di gente che vive nei quartieri tradizionali di Bologna? I pensionati, certo, i mitici anziani di Bologna che parlano in dialetto e ragionano alla grande. Ma anche gli sforzi di tanti immigrati di mostrarsi conoscitori della loro nuova città.
Tutto questo è cultura. E allora perchè fermare l’attività di tanta gente ai controlli davanti alle scuole? Perché non fare funzionare quei cervelli? Sapendo che sono diversi dai nostri.
Si possono creare (autocreare, promuovere, proporre…) squadre di persone che uno volta alla settimana, al mese, quando credono passano in rassegna il quartiere, segnano tutto quello che secondo loro non va: bidoni della spazzatura, scritte, sporcizia e via di seguito. E segnano anche cosa si può fare. Far funzionare il cervello oltre che le gambe. Bar disposti ad organizzare tornei, mini feste di strada, parrocchie da collegare, negozi da salvare, tanto si può escogitare, fare. Far funzionare la fantasia. Per obbligo, in partenza. Poi si spera per piacere.
Questa è appartenenza, spirito civico, anima di Bologna messa in movimento dai bolognesi doc e da quelli futuri.
Una volta al mese o con altra periodicità riunirsi per decidere il da fare. Al Comune può costare qualche barattolo di vernice, qualche bidone, qualche poster. Il lavoro dovrà essere ripetuto, ma in questa ripetitività, voglia di miglioramento sta la chiave dei rapporti di unità, condivisione, affetto.
VIGILANZA NON VIGILANTES
Questa attività un tempo si chiamava vigilanza democratica, poi si è parlato di vigilantes. Noi diciamo che è partecipazione alla vita del quartiere.
C’è già, ma deve essere pensata come se si fosse in un paese, poco demandata, Se non nelle decisioni finali, che chiamano in gioco la struttura istituzionale. Il rapporto con i vicini va aiutato in base ai progetti comuni, ma anche in un rapporto concorrenziale.
La ronde (francese voluto, significa amore non poliziotti) nel quartiere deve essere un gioco. Non è controllo, è cultura del vedere e del pensare.
In un meccanismo collettivo. Nonni con i nipoti. Fidanzati, amici, clan, gruppi
Servono tutti quelli che devono e hanno voglia di leggere la città.
L’attività, proprio perchè
I risultati almeno all’inizio sono quasi solo di coinvolgimento
Un quartiere si arricchisce così.
Scusate ma è il vecchio meccanismo delle Feste dell’Unità: partecipazione, politica, divertimento, mugugni che diventano decisioni
FINE DELLO SVILUPPO OLTRE GLI ATTUALI SPAZI?
La densità degli insediamenti è la chiave di volta per la realizzazione di nuovi equilibri abitativi dentro i contesti metropolitani. Differenti modelli tipologici si offrono, da quelli che vogliono uno sviluppo verticale a quelli che indicano morfologie orizzontali. Ma in entrambi i casi per Mario Botta sembra ormai consolidata l’indicazione che le città non dovrebbero espandersi oltre gli attuali limiti urbanizzati. Lo sviluppo all’interno di aree divenute obsolete (ex-industriali, ex-militari, ecc.) è un altro gran tema, come quello dei possibili vantaggi derivanti dalle infrastrutture e dai servizi già esistenti ed il conseguente contenimento dei costi sociali.
La città mi pare destinata, anche nelle sue nuove dimensioni, a crescere su se stessa, a consolidare il processo di continua stratificazione storica che è stato una sua costante peculiarità.
Per questo la periferia va considerata come una città nella città con i suoi valori e il legame che lo lega al resto.
Ormai non è più serie B, ammesso lo sia mai stato.
E’ CITTA’ a tutti gli effetti
E come tale va trattata dalla CULTURA Organizzata e dalla Cultura pensata
Se fosse possibile andrebbero aiutati salotti radical-chic in periferia e feste popolari in centro.
CENTRO CITTADINO
La zona universitaria e il centro in genere sono un disastro, ora. Se repressione ci deve essere, sia affidata al controllo notturno di pattuglie di vigili urbani che controllino devastazioni, scritte, porcherie varie. Non fernandosi al centro ma estendendosi a tutta Bologna. In contatto con Ps e Cc.
Non ci saremo abituati, fa molto inglese, ma il poliziotto di quartiere è uno dei meccanismi più forti per far sentire le persone parte di una città, per coinvolgerle anche nel pensarla quella città senza affidarsi alle gonne dei politici o dei poliziotti.
Per cambiare la situazione si può procedere con squadre di negozianti, ma è rischioso. Molto rischioso. Per i negozianti e i rapporti in città.
Bisogna coinvolgere i giovani, gli studenti. Per segnalare, non reprimere, per pensare, proporre. Magari partendo dalla voglia di scarabocchiare un muro. Cercare di portare i writer, i graffitari, gli stessi vandali con la bomboletta a ragionare su cosa farebbero se potessero pensare un pezzo di strada, Cosa programmerebbero, invece di rubare una scritta, di scappare dopo il bel gesto. Tramutare i nuovi barbari in nuovi cittadini di Roma. Senza rinnegare la loro cultura. Mica va seguito il loro consiglio (ammesso che non spacchino tutto), ma almeno va tenuto da conto, mediato, discusso.
Già si fa qualcosa (ad esempio, l’attività della Fondazione Don Paolo Serra Zanetti)
Bisogna allargare la rete. Trovare ragazzi, cercarli, coinvolgerli. Già la ricerca è azione. Si cerca ciò che si desidera trovare. Non criminalizzare, almeno all’inizio.
Il termine Pianificazione a proposito dell’intervento risparmiamocelo.
L’azione poi spetta a chi di dovere, sia pubblico che privato.
Chiarissime alcune cose:
- Bologna non può andare avanti tutta scarabocchiata
- lo scarabocchio può essere un fatto particolare, in nessuna altra città ce ne è tanto
- cow boy e indiani devono trovare non un accordo, ma confini e pascoli
- la bellezza non va però tutelata a senso unico. Bologna città bottegaia fattasi boutiquiera (economista Carlo Dadda) non può permettersi le vetrine brutte che segnano il suo centro: alluminio, brutte insegne, brutti banconi, negozi storici massacrati
- Il problema è della Sovrintendenza, ma le associazioni dei commercianti non possono non vedere, ragionare sul
IL CENTRO STORICO E’ SENSO DI PIETRE ED UMANI
Nella città storica, pur nata per far fronte ad esigenze lontane dalla nostra sensibilità, l’impianto urbano con la sua rete distributiva e funzionale risponde concretamente ai bisogni ATTUALI spesso attraverso una qualità di spazi che i cittadini sentono superiore rispetto a quella offerta dai nuovi insediamenti (Mario Botta).
Il tessuto urbano invecchiando migliora. Non sono gli aspetti tecnicofunzionali - lo ammettono architetti ed urbanisti - ad offrire una migliore qualità della vita, ma la ricchezza della stratificazione. In definitiva le memorie che riaffiorano dal tracciato della città.
I centri storici, disegnati e consolidati attraverso il lavoro continuo delle generazioni estinte, sono valori, qualità, non solo storia.
La città offre l’insegnamento semplice e disarmante che non è possibile vivere senza passato. Il territorio della memoria rappresenta una condizione altrettanto indispensabile della misura del vivere presente. Pur all'interno di dure contraddizioni - inquinamento, traffico, approvvigionamento energetico, aree pregiate consegnate ai commerci con la conseguente espulsione di interi settori abitativi - il contesto urbano offre valori che appagano per mezzo di realizzazioni di uomini scomparsi, frutto di fatiche di comunità disperse, lontane nel tempo dalle ansie e dalle preoccupazioni del nostro vivere.
Riemerge forte allora il bisogno di storia dato dal contesto costruito, continuamente modificato e ridisegnato. La città storica come richiamo per il vivere collettivo.
Città viva e non di pietre morte.
LINGUAGGI
Il tessuto urbano invecchiando migliora. Non sono gli aspetti tecnicofunzionali - lo ammettono architetti ed urbanisti - ad offrire una migliore qualità della vita, ma la ricchezza della stratificazione. In definitiva le memorie che riaffiorano dal tracciato della città.
I centri storici, disegnati e consolidati attraverso il lavoro continuo delle generazioni estinte, sono valori, qualità, non solo storia.
La città offre l’insegnamento semplice e disarmante che non è possibile vivere senza passato. Il territorio della memoria rappresenta una condizione altrettanto indispensabile della misura del vivere presente. Pur all'interno di dure contraddizioni - inquinamento, traffico, approvvigionamento energetico, aree pregiate consegnate ai commerci con la conseguente espulsione di interi settori abitativi - il contesto urbano offre valori che appagano per mezzo di realizzazioni di uomini scomparsi, frutto di fatiche di comunità disperse, lontane nel tempo dalle ansie e dalle preoccupazioni del nostro vivere.
Riemerge forte allora il bisogno di storia dato dal contesto costruito, continuamente modificato e ridisegnato. La città storica come richiamo per il vivere collettivo.
Città viva e non di pietre morte.
LINGUAGGI
Il linguaggio non deve essere quello dell’ente pubblico. Nemmeno quello della politica. Deve essere quello delle tribù che operano sui vari territori. Cultura è la visione che raccontano, come le soluzioni che propongono.
Sarebbe bello organizzare eventi in cui culture diversissime raccontano
come vedono Bologna. Umberto Eco lo fece venti anni fa portando un bardo etiope che raccontò Bologna come la vedeva lui, in una straordinaria narrazione orale
Modo per avvicinare le genti
OCCHI CHE SI INCONTRANO, VISIONI CHE SI AFFASCINANO
Le mostre, gli eventi, le grandi manifestazioni possono nascere anche dalla capacità del Comune (o chi per lui) di tramutare in arte quel che bolle nella sua pancia, nel suo cervello, nel suo cuore.
Certo, anche nella sua storia.
Ma cultura non è fatta solo di artisti.
E’ espressività da scoprire, musica da inventare
Difficile, ma cosa è facile per mantenere e innovare Bologna?
In questa ottica i giovani, gli studenti, i guastatori possibili vanno coinvolti prima. Non invitati dopo. COINVOLTI NELLA ORGANIZZAZIONE. Sono un terzo dei bolognesi, il clima reciproco al di là delle chiacchiere non è amichevole.
Bisogna trovare il modo di coinvolgerli nell’amministrare, sapendo che vengono e vanno.
La cultura è un buon veicolo, il tram chiamato desiderio.
Per ora il tram è solo imbrattato, vediamo se (John Cage docet) riusciamo a farci costruire qualcosa sopra.
E la creatività non deve essere solo finalizzata al rapporto con il sistema produttivo ne ai concertini doc, alla poesia, a piazza S. Stefano.
Pensare in grande: la zona universitaria, interi quartieri sono imbrattati. Perchè non fare una grande rassegna di murales? Sugli stessi muri. Poi vedere se tenerli o cancellarli.
Il discorso vale per tutta la città, per bolognesi e forestieri, ricchi e poveri.
AGIRE SU UNA CITTA’ E’ AGIRE SUI SUOI CITTADINI
C’è un senso civico (altrocchè l’appartenenza) che va inventato, non ricostruito. Inventato ex novo. Ogni occasione deve essere pensata in questa ottica.
Le strade sono questo.
I portici sono questo: il restauro non riguarda il pezzetto privato, ma deve coinvolgere tutto il percorso.
La concorrenza qui è particolare. Bologna non ha davvero grandi opere da esporre, ma un tessuto urbano. Questo è il vero monumento di Bologna, su questo bisogna agire.
COMPLESSIVAMENTE
L’immagine della città è il riferimento essenziale (e naturale) per la ricerca di una possibile identità. Identità non solo collettiva, anche individuale. Tanto più in un contesto caratterizzato dal rapido espandersi della globalizzazione. L'identità passa attraverso il senso di appartenenza ad un territorio.
La città ritorna come nel grande passato ad essere baluardo verso il quale i cittadini si rivolgono naturalmente ogniqualvolta avvertono la necessità di recuperare risorse per resistere all’appiattimento ed alla banalizzazione. Per ancorarsi ad una realtà territoriale sentita come amica.
Per questo alla cultura urbana viene riconosciuta una forza espressiva forte, autentica e significativa della storia umana, con una pluralità di testimonianze aperte a molteplici letture.
Nella maggior parte dei contesti urbani sono presenti e percepibili:
- il concetto di CENTRO che raccoglie storia e memoria, dove le stratificazioni urbane si sono accumulate e densificate;
- la condizione altrettanto precisa di LIMITE, di territorio che è altro rispetto alla polis.
Il fascino è dato dalla sensazione che dentro la complessità della trama urbana e della sua stratificazione edilizia è possibile leggere come in uno specchio dilatato la condizione stessa della vita. Con speranze e contraddizioni che si trasformano in immagini e figure reali.
La nostra stessa personalità si arricchisce attraverso le testimonianze e le esperienze di altri uomini. Nel contesto COSTRUITO (differenza con la campagna) non siamo mai abbandonati, non siamo soli, lo spazio che ci circonda è un territorio di memoria con una sua storia che ci appartiene.
Attraverso il territorio fisico interpretiamo un tessuto mentale capace di filtrare i dubbi e le speranze del nostro operare.
Sarebbe bello organizzare eventi in cui culture diversissime raccontano
come vedono Bologna. Umberto Eco lo fece venti anni fa portando un bardo etiope che raccontò Bologna come la vedeva lui, in una straordinaria narrazione orale
Modo per avvicinare le genti
OCCHI CHE SI INCONTRANO, VISIONI CHE SI AFFASCINANO
Le mostre, gli eventi, le grandi manifestazioni possono nascere anche dalla capacità del Comune (o chi per lui) di tramutare in arte quel che bolle nella sua pancia, nel suo cervello, nel suo cuore.
Certo, anche nella sua storia.
Ma cultura non è fatta solo di artisti.
E’ espressività da scoprire, musica da inventare
Difficile, ma cosa è facile per mantenere e innovare Bologna?
In questa ottica i giovani, gli studenti, i guastatori possibili vanno coinvolti prima. Non invitati dopo. COINVOLTI NELLA ORGANIZZAZIONE. Sono un terzo dei bolognesi, il clima reciproco al di là delle chiacchiere non è amichevole.
Bisogna trovare il modo di coinvolgerli nell’amministrare, sapendo che vengono e vanno.
La cultura è un buon veicolo, il tram chiamato desiderio.
Per ora il tram è solo imbrattato, vediamo se (John Cage docet) riusciamo a farci costruire qualcosa sopra.
E la creatività non deve essere solo finalizzata al rapporto con il sistema produttivo ne ai concertini doc, alla poesia, a piazza S. Stefano.
Pensare in grande: la zona universitaria, interi quartieri sono imbrattati. Perchè non fare una grande rassegna di murales? Sugli stessi muri. Poi vedere se tenerli o cancellarli.
Il discorso vale per tutta la città, per bolognesi e forestieri, ricchi e poveri.
AGIRE SU UNA CITTA’ E’ AGIRE SUI SUOI CITTADINI
C’è un senso civico (altrocchè l’appartenenza) che va inventato, non ricostruito. Inventato ex novo. Ogni occasione deve essere pensata in questa ottica.
Le strade sono questo.
I portici sono questo: il restauro non riguarda il pezzetto privato, ma deve coinvolgere tutto il percorso.
La concorrenza qui è particolare. Bologna non ha davvero grandi opere da esporre, ma un tessuto urbano. Questo è il vero monumento di Bologna, su questo bisogna agire.
COMPLESSIVAMENTE
L’immagine della città è il riferimento essenziale (e naturale) per la ricerca di una possibile identità. Identità non solo collettiva, anche individuale. Tanto più in un contesto caratterizzato dal rapido espandersi della globalizzazione. L'identità passa attraverso il senso di appartenenza ad un territorio.
La città ritorna come nel grande passato ad essere baluardo verso il quale i cittadini si rivolgono naturalmente ogniqualvolta avvertono la necessità di recuperare risorse per resistere all’appiattimento ed alla banalizzazione. Per ancorarsi ad una realtà territoriale sentita come amica.
Per questo alla cultura urbana viene riconosciuta una forza espressiva forte, autentica e significativa della storia umana, con una pluralità di testimonianze aperte a molteplici letture.
Nella maggior parte dei contesti urbani sono presenti e percepibili:
- il concetto di CENTRO che raccoglie storia e memoria, dove le stratificazioni urbane si sono accumulate e densificate;
- la condizione altrettanto precisa di LIMITE, di territorio che è altro rispetto alla polis.
Il fascino è dato dalla sensazione che dentro la complessità della trama urbana e della sua stratificazione edilizia è possibile leggere come in uno specchio dilatato la condizione stessa della vita. Con speranze e contraddizioni che si trasformano in immagini e figure reali.
La nostra stessa personalità si arricchisce attraverso le testimonianze e le esperienze di altri uomini. Nel contesto COSTRUITO (differenza con la campagna) non siamo mai abbandonati, non siamo soli, lo spazio che ci circonda è un territorio di memoria con una sua storia che ci appartiene.
Attraverso il territorio fisico interpretiamo un tessuto mentale capace di filtrare i dubbi e le speranze del nostro operare.
A BOLOGNA NON SI E' COSTRUITO QUASI NIENTE DI NUOVO E di BELLO. PERCHE'?
La scarsità dei fondi, la crisi anche psicologica, è una cappa oggettiva-soggettiva su pensare il nuovo. Ma anche dal punto di vista culturale, l’unica uscita è pensare al nuovo. Non regaliamo lo scettro al Berlusconi d’Abruzzo.
Si aprono prospettive di confronto fra le nuove architetture e l’intorno già consolidato dalla storia. Con un tessuto urbano forte, consapevole del proprio passato e del valore della propria immagine, anche la tipologia edilizia delle singole architetture non potrà fare altro che concorrere a rafforzare il disegno d’insieme. Passato e futuro costruiscono INSIEME
GRAN COMPITO PER AMMINISTRAZIONE CIVICA, Università, musei, Fondazioni.
La storia e le trasformazioni dei contesti urbani sono realtà VICINE. Hanno condizionato i nostri stili di vita e hanno di fatto modellato i nostri comportamenti.
STORIA E MITO
La città è storia e mito: tanto più una città come Bologna in cui le due strade si intrecciano continuamente, con una storia che se non si avvolgesse nel mito non sarebbe neppure troppo ricca rispetto ad altre (molte) città d'Italia e d'Europa.
Che cosa si è fatto per le celebrazioni - lunghissime - del Nono centenario dell'università? L'unica manifestazione mondiale che Bologna ha visto negli ultimi decenni. Impugnare la storia, valorizzarla e tramutarla in MITO. E viceversa avvolgere il mito - la più antica università. - nella storia. E' la ricchezza di Bologna. Direbbe Giovanni Tamburini, per altro uno dei pochi bolognesi finiti su Time Magazine: «E' più buona la mortadella o la crescenta?». Dentro e fuori, crudo e cotto. Pardon. Ma Levi Strauss qui è Camporesi, Rabelais è G.C. Croce. RICORDARLO.
La storia di Bologna è anche - e forse in buona parte - storia del suo mito. E di cosa si forma il mito? Parole e sensi. Simboli, fin feticci. E’ la storia di una città che non è Firenze, Roma, Venezia, nemmeno Verona o Mantova.
Bologna è non solo la propria storia, quanto soprattutto l'importanza della propria storia.
Cosa abbiamo?
- Contenitori recuperati, a cui dare un senso. Contenitori intriganti che possono dare un senso a ciò che contengono e persino a ciò che li circonda.
- La volontà di raccontare la città.
- L'ambizione di creare una struttura in progress, che non si fermi ma sia capace nel corso del tempo di mutare, di adeguarsi.
Bologna è famosa per le tre T. E' un approccio che va tenuto in considerazione. Come il cibo: la Madonna Grassa. La storia non può dimenticarlo, chi racconta una città nemmeno.
Bologna può diventare la CAPITALE SIMBOLICA di una storia cittadina che diventa storia nazionale. Percorsi fondanti.
Citiamo Les Annales? Marc Bloch & C? Bene, allora il particolare diventa generale. Siamo pieni di storici e di studiosi dei segni, della realtà e dei feticci. Da Eco ai giorni nostri, da Anceschi ai suoi allievi, dagli Arcangeli in qua, e Raimondi e Ginsburg.
Lasciamo perdere i padri, ma avranno seminato intelligenze? Usiamole
Abbiamo una straordinaria tradizione di interpreti e valorizzatori delle opere altrui. E alcuni sono diventati autori in proprio.
Coinvolgiamoli, così si sentono partecipi del progetto in una città che se non sei nel salotto crede di non esistere. In questo modo l’amministrazione comunale diverrebbe - potrebbe puntare a cercare di diventare - anche un ammortizzare culturale, sociale, politico. Che è il suo compito. Almeno come ambizione.
VIVERE IL 2.000 PER CONOSCERE IL '900
Altra via che si potrebbe tentare, non antagonista al precedente, è inquadrare i bisogni, le ambizioni, le rose e le spine di una città (e di una nazione). E da lì ricostruire i percorsi storici. Non una storia a ritroso, ma una storia sociale. Per trovare le radici, le origini, le cause. «Vivere il 2.000 per conoscere il '900». Attenti: è anche una scelta vendibile sul mercato della comunicazione, oltre che della lettura culturale. FA NOTIZIA. Quindi richiama.
I temi possono essere gli stessi già accennati. O puntare sui valori. Formazione della città, dello Stato. Commerci. Integrazione. Giovani e vecchi. Cittadinanza. Cittadini e forestieri. Ospitalità. Guerra. Pace, Fede. Epoche. Valori. E' una storia in divenire, non ancora una volta un monumento. E anche le opere con cui raccontarla possono cambiare, facendo del museo una struttura non statica, ma discussa, parlata, ragionata.
Quel che a Bologna non c'è.
Attorno a queste scelte si potrebbe creare un meccanismo vivo. Fatto banalmente di incontri, conferenze, spettacoli. Ma anche di coinvolgimenti delle realtà locali. Università in testa, ma non solo. Artisti, musicisti. Modo per istituzionalizzare la contestazione, anche lei. Per tramutarla in una riflessione collettiva.
Anche così si può tentare di recuperare, contattare i senza memoria. Parti non da una memoria che non hanno, ma da LORO. Dai loro linguaggi, bisogni, incubi ecc. E da lì, insieme a loro, ricostruisci la storia.
Idem sulla possibilità di coinvolgere, attrarre le energia attive. E i gruppi che le possiedono, le rappresentano, le gestiscono. Si possono coinvolgere le istituzioni economiche, culturali. Anche dal punto di vista, se si ritiene e si trovano le forme, finanziario.
Bologna è anche una città inventata. Da Rubbiani, nostrano Violet Le Duc, a Cervellati. Il passato che diventa presente, senza paura di contaminare ma avendo ben presente che la via da percorrere è quella dell'ANIMA DELLA CITTA'. Questi sono i fili del percorso da seguire, disseminare, costruire.
CITTA' DI LUOGHI PARLANTI
La scarsità dei fondi, la crisi anche psicologica, è una cappa oggettiva-soggettiva su pensare il nuovo. Ma anche dal punto di vista culturale, l’unica uscita è pensare al nuovo. Non regaliamo lo scettro al Berlusconi d’Abruzzo.
Si aprono prospettive di confronto fra le nuove architetture e l’intorno già consolidato dalla storia. Con un tessuto urbano forte, consapevole del proprio passato e del valore della propria immagine, anche la tipologia edilizia delle singole architetture non potrà fare altro che concorrere a rafforzare il disegno d’insieme. Passato e futuro costruiscono INSIEME
GRAN COMPITO PER AMMINISTRAZIONE CIVICA, Università, musei, Fondazioni.
La storia e le trasformazioni dei contesti urbani sono realtà VICINE. Hanno condizionato i nostri stili di vita e hanno di fatto modellato i nostri comportamenti.
STORIA E MITO
La città è storia e mito: tanto più una città come Bologna in cui le due strade si intrecciano continuamente, con una storia che se non si avvolgesse nel mito non sarebbe neppure troppo ricca rispetto ad altre (molte) città d'Italia e d'Europa.
Che cosa si è fatto per le celebrazioni - lunghissime - del Nono centenario dell'università? L'unica manifestazione mondiale che Bologna ha visto negli ultimi decenni. Impugnare la storia, valorizzarla e tramutarla in MITO. E viceversa avvolgere il mito - la più antica università. - nella storia. E' la ricchezza di Bologna. Direbbe Giovanni Tamburini, per altro uno dei pochi bolognesi finiti su Time Magazine: «E' più buona la mortadella o la crescenta?». Dentro e fuori, crudo e cotto. Pardon. Ma Levi Strauss qui è Camporesi, Rabelais è G.C. Croce. RICORDARLO.
La storia di Bologna è anche - e forse in buona parte - storia del suo mito. E di cosa si forma il mito? Parole e sensi. Simboli, fin feticci. E’ la storia di una città che non è Firenze, Roma, Venezia, nemmeno Verona o Mantova.
Bologna è non solo la propria storia, quanto soprattutto l'importanza della propria storia.
Cosa abbiamo?
- Contenitori recuperati, a cui dare un senso. Contenitori intriganti che possono dare un senso a ciò che contengono e persino a ciò che li circonda.
- La volontà di raccontare la città.
- L'ambizione di creare una struttura in progress, che non si fermi ma sia capace nel corso del tempo di mutare, di adeguarsi.
Bologna è famosa per le tre T. E' un approccio che va tenuto in considerazione. Come il cibo: la Madonna Grassa. La storia non può dimenticarlo, chi racconta una città nemmeno.
Bologna può diventare la CAPITALE SIMBOLICA di una storia cittadina che diventa storia nazionale. Percorsi fondanti.
Citiamo Les Annales? Marc Bloch & C? Bene, allora il particolare diventa generale. Siamo pieni di storici e di studiosi dei segni, della realtà e dei feticci. Da Eco ai giorni nostri, da Anceschi ai suoi allievi, dagli Arcangeli in qua, e Raimondi e Ginsburg.
Lasciamo perdere i padri, ma avranno seminato intelligenze? Usiamole
Abbiamo una straordinaria tradizione di interpreti e valorizzatori delle opere altrui. E alcuni sono diventati autori in proprio.
Coinvolgiamoli, così si sentono partecipi del progetto in una città che se non sei nel salotto crede di non esistere. In questo modo l’amministrazione comunale diverrebbe - potrebbe puntare a cercare di diventare - anche un ammortizzare culturale, sociale, politico. Che è il suo compito. Almeno come ambizione.
VIVERE IL 2.000 PER CONOSCERE IL '900
Altra via che si potrebbe tentare, non antagonista al precedente, è inquadrare i bisogni, le ambizioni, le rose e le spine di una città (e di una nazione). E da lì ricostruire i percorsi storici. Non una storia a ritroso, ma una storia sociale. Per trovare le radici, le origini, le cause. «Vivere il 2.000 per conoscere il '900». Attenti: è anche una scelta vendibile sul mercato della comunicazione, oltre che della lettura culturale. FA NOTIZIA. Quindi richiama.
I temi possono essere gli stessi già accennati. O puntare sui valori. Formazione della città, dello Stato. Commerci. Integrazione. Giovani e vecchi. Cittadinanza. Cittadini e forestieri. Ospitalità. Guerra. Pace, Fede. Epoche. Valori. E' una storia in divenire, non ancora una volta un monumento. E anche le opere con cui raccontarla possono cambiare, facendo del museo una struttura non statica, ma discussa, parlata, ragionata.
Quel che a Bologna non c'è.
Attorno a queste scelte si potrebbe creare un meccanismo vivo. Fatto banalmente di incontri, conferenze, spettacoli. Ma anche di coinvolgimenti delle realtà locali. Università in testa, ma non solo. Artisti, musicisti. Modo per istituzionalizzare la contestazione, anche lei. Per tramutarla in una riflessione collettiva.
Anche così si può tentare di recuperare, contattare i senza memoria. Parti non da una memoria che non hanno, ma da LORO. Dai loro linguaggi, bisogni, incubi ecc. E da lì, insieme a loro, ricostruisci la storia.
Idem sulla possibilità di coinvolgere, attrarre le energia attive. E i gruppi che le possiedono, le rappresentano, le gestiscono. Si possono coinvolgere le istituzioni economiche, culturali. Anche dal punto di vista, se si ritiene e si trovano le forme, finanziario.
Bologna è anche una città inventata. Da Rubbiani, nostrano Violet Le Duc, a Cervellati. Il passato che diventa presente, senza paura di contaminare ma avendo ben presente che la via da percorrere è quella dell'ANIMA DELLA CITTA'. Questi sono i fili del percorso da seguire, disseminare, costruire.
CITTA' DI LUOGHI PARLANTI
Un contenitore, una parola-chiave. Per ogni contenitore si sceglie una parola attorno a cui costruire il senso dell'intervento. Una specie di vocabolario cittadino (anche questo può essere valido dal punto di vista anche comunicativo).
Bisogna collegare i contenitori non solo in un progetto, ma con parole ed opere. Ed ecco la proposta.
Un percorso fondato sulle PAROLE che costruiscono una città. La convivenza e la storia.
Un esempio per partire.
via Fondazza. Ovvio il riferimento a Giorgio Morandi. Ma piuttosto si potrebbe innalzare in quel luogo il discorso sulle ombre. Ombre di Morandi, ombre dei portici, convivenza, socialità dei portici, passeggio, pioggia combattuta. Se uno vuole pure OMBRE di Bologna: i suoi misteri, le sue lotte.
Un ex convento: si può ragionare sugli ORDINI RELIGIOSI, le loro ricchiezze, le loro opere d'arte, la carità. Sulla Chiesa e la città.
Ogni contenitore va inquadrato nel contesto in cui si trova. Per raccontare pezzi, anime, incroci della città.
Via Galliera, i canali, i traffici. In questo modo attorno ad ogni realtà puoi anche tentare di creare una, coinvolgere le strutture culturali e commerciali. Creare angoli che diventano appuntamenti.
Il contenitore diventa il volano di un ragionamento sulla città. Con le parole a fare da pietre miliari.
Quali parole? Di nuovo possiamo proporle noi. Carità, solidarietà, lotta, denaro.
Ci si può rivolgere anche alla letteratura, alla poesia. Un verso per un senso.
L'importante è creare un UNICO. Termine di nuovo orrido, da marketing. Ma un evento continuo è la storia che si snocciola, Presente, passato, futuro. Nessun culto del progresso, né del passato. Nemmeno paure. Contatti che trasformano. Recuperare dalla storia azioni, emozioni per imporle come rilevanti, esemplari per il presente. Si recupera il passato, conquistando il presente. E viceversa.
Non è questa la storia, la storia di una città?
Non abbiamo Michelangelo dappertutto, le opere devono diventare eventi. Quelle che ci sono, quelle che si vanno ad acquisire.
Si può anche partire dalle opere per costruire le parole. Il discorso vale persino per le fotografie. Le raccolte fotografiche devono mostrare il senso della città, possono servire da archivio storico, ma per farne arte sarebbe il caso di scorporare alcune opere, farne magari riproduzioni grandi da unire a dipinti, sculture, architetture. Commistioni, per una città che delle commistioni è la capitale. Brutta parola COMMISTIONI, ma potrebbe essere una delle parole-simbolo.
E su ogni parola poggerei un'opera. Un'opera a rappresentare una parola-senso. Opere antiche e moderne, da cui partire per un percorso fatto di commistioni.
Questo ragionamento coinvolge non solo gli artisti attuali, ma gli stessi artisti bolognesi. Per la prima volta Bologna potrebbe essere raccontata anche dai suoi artisti. Singole opere, poche, ma che possono diventare importanti. Con reciproco vantaggio.
Per quel che riguarda la scelta delle opere-perno che rappresentano le parole-chiave l'attinenza può essere reale o simbolica. Affidiamoci alla filologia o alla semiotica. Ogni opera parla.
Il problema è quindi creare un'armonia complessiva e collettiva. Un discorso unico in cui Bologna diventa immagine e mito. Dell'Italia, dell'arte, del dinamismo di una e dell'altra. Compito faticosissimo, ma sfida anche politica decisiva.
UN VOCABOLARIO CITTADINO, UN VOCABOLARIO DI VITA
Ecco allora l'idea-cardine di trovare parole-guida per le singole strutture museali che facciano da percorso, vocabolario, discorso politico.
Nulla, proprio nulla deve essere preso come monumento, piccolo o grande, ricco o povero, racconto del passato, raccolta per quanto bella.
Tutto, proprio tutto deve essere un Magazzino di Idee. E tirar fuori dai magazzini le idee: in questo sta la ricchezza delle acquisizioni, qualsiasi siano. Tirar fuori idee e possibilità dai magazzini, costruire un magazzino collettivo di idee, o un magazzino di idee collettive.
Quindi è importantissimo, vitale, che si ragioni non solo sui contenitori ma su quello che sta loro intorno. Sulla struttura - anche economica -, sulle infrastrutture. Su questa strada si trova un collegamento con gli amministratori locali e magari nazionali. Le sedi dei vari musei devono diventare magazzini in cui la vita entra, esce, si espande intorno. Come vie, traffico, arredo urbano, per quanto possibile negozi. Va cercato un rapporto con le associazioni di categoria, con le strutture culturali delle zone coinvolte.
Unicum in Italia, con spesa relativa e molta fatica intellettuale. Ma anche la fatica intellettuale è un modo per mostrare cosa significa APERTURA non provinciale, dinamicità, capacità di recuperare il locale ed estrarne il senso che va oltre. Fare dell'anima di una città la foto, luci ed ombre, dell'anima di una nazione.
E' il Bel Borgo, il Beaubourg in cui presenze diventano tendenze. Stando con i piedi per terra, ma sapendo che la fortuna, il futuro di un museo sono nel modificarlo continuamente. Partendo da valori forti iniziali.
MUSICA
Certo i cantanti. Ne abbiamo tanti, abbiamo tanta storia.
Ma si racconti pure la musica della meccanica. Contaminazioni fra musicisti, antropologi, imprenditori. Tutti vanno coinvolti nelle scelte che di volta in volta si faranno. Incontri, mostre, kermesse. Corsi di studio, ricerche, università con facoltà in teoria diverse, lontane fra loro. Una egemonia culturale che a Bologna (e in Italia?) non esiste più. Fra Gramsci e Montezemolo.
Rappresentazioni teatrali, musicali, di conversazioni, letture: Da Benigni a Guccini, dalla Fondazione Seragnoli - le macchine automatiche - alla cibernetica. Cosa sono gli organetti se non gli avi dei cyborg?
CONTENITORI
Bisogna collegare i contenitori non solo in un progetto, ma con parole ed opere. Ed ecco la proposta.
Un percorso fondato sulle PAROLE che costruiscono una città. La convivenza e la storia.
Un esempio per partire.
via Fondazza. Ovvio il riferimento a Giorgio Morandi. Ma piuttosto si potrebbe innalzare in quel luogo il discorso sulle ombre. Ombre di Morandi, ombre dei portici, convivenza, socialità dei portici, passeggio, pioggia combattuta. Se uno vuole pure OMBRE di Bologna: i suoi misteri, le sue lotte.
Un ex convento: si può ragionare sugli ORDINI RELIGIOSI, le loro ricchiezze, le loro opere d'arte, la carità. Sulla Chiesa e la città.
Ogni contenitore va inquadrato nel contesto in cui si trova. Per raccontare pezzi, anime, incroci della città.
Via Galliera, i canali, i traffici. In questo modo attorno ad ogni realtà puoi anche tentare di creare una
Il contenitore diventa il volano di un ragionamento sulla città. Con le parole a fare da pietre miliari.
Quali parole? Di nuovo possiamo proporle noi. Carità, solidarietà, lotta, denaro.
Ci si può rivolgere anche alla letteratura, alla poesia. Un verso per un senso.
L'importante è creare un UNICO. Termine di nuovo orrido, da marketing. Ma un evento continuo è la storia che si snocciola, Presente, passato, futuro. Nessun culto del progresso, né del passato. Nemmeno paure. Contatti che trasformano. Recuperare dalla storia azioni, emozioni per imporle come rilevanti, esemplari per il presente. Si recupera il passato, conquistando il presente. E viceversa.
Non è questa la storia, la storia di una città?
Non abbiamo Michelangelo dappertutto, le opere devono diventare eventi. Quelle che ci sono, quelle che si vanno ad acquisire.
Si può anche partire dalle opere per costruire le parole. Il discorso vale persino per le fotografie. Le raccolte fotografiche devono mostrare il senso della città, possono servire da archivio storico, ma per farne arte sarebbe il caso di scorporare alcune opere, farne magari riproduzioni grandi da unire a dipinti, sculture, architetture. Commistioni, per una città che delle commistioni è la capitale. Brutta parola COMMISTIONI, ma potrebbe essere una delle parole-simbolo.
E su ogni parola poggerei un'opera. Un'opera a rappresentare una parola-senso. Opere antiche e moderne, da cui partire per un percorso fatto di commistioni.
Questo ragionamento coinvolge non solo gli artisti attuali, ma gli stessi artisti bolognesi. Per la prima volta Bologna potrebbe essere raccontata anche dai suoi artisti. Singole opere, poche, ma che possono diventare importanti. Con reciproco vantaggio.
Per quel che riguarda la scelta delle opere-perno che rappresentano le parole-chiave l'attinenza può essere reale o simbolica. Affidiamoci alla filologia o alla semiotica. Ogni opera parla.
Il problema è quindi creare un'armonia complessiva e collettiva. Un discorso unico in cui Bologna diventa immagine e mito. Dell'Italia, dell'arte, del dinamismo di una e dell'altra. Compito faticosissimo, ma sfida anche politica decisiva.
UN VOCABOLARIO CITTADINO, UN VOCABOLARIO DI VITA
Ecco allora l'idea-cardine di trovare parole-guida per le singole strutture museali che facciano da percorso, vocabolario, discorso politico.
Nulla, proprio nulla deve essere preso come monumento, piccolo o grande, ricco o povero, racconto del passato, raccolta per quanto bella.
Tutto, proprio tutto deve essere un Magazzino di Idee. E tirar fuori dai magazzini le idee: in questo sta la ricchezza delle acquisizioni, qualsiasi siano. Tirar fuori idee e possibilità dai magazzini, costruire un magazzino collettivo di idee, o un magazzino di idee collettive.
Quindi è importantissimo, vitale, che si ragioni non solo sui contenitori ma su quello che sta loro intorno. Sulla struttura - anche economica -, sulle infrastrutture. Su questa strada si trova un collegamento con gli amministratori locali e magari nazionali. Le sedi dei vari musei devono diventare magazzini in cui la vita entra, esce, si espande intorno. Come vie, traffico, arredo urbano, per quanto possibile negozi. Va cercato un rapporto con le associazioni di categoria, con le strutture culturali delle zone coinvolte.
Unicum in Italia, con spesa relativa e molta fatica intellettuale. Ma anche la fatica intellettuale è un modo per mostrare cosa significa APERTURA non provinciale, dinamicità, capacità di recuperare il locale ed estrarne il senso che va oltre. Fare dell'anima di una città la foto, luci ed ombre, dell'anima di una nazione.
E' il Bel Borgo, il Beaubourg in cui presenze diventano tendenze. Stando con i piedi per terra, ma sapendo che la fortuna, il futuro di un museo sono nel modificarlo continuamente. Partendo da valori forti iniziali.
MUSICA
Certo i cantanti. Ne abbiamo tanti, abbiamo tanta storia.
Ma si racconti pure la musica della meccanica. Contaminazioni fra musicisti, antropologi, imprenditori. Tutti vanno coinvolti nelle scelte che di volta in volta si faranno. Incontri, mostre, kermesse. Corsi di studio, ricerche, università con facoltà in teoria diverse, lontane fra loro. Una egemonia culturale che a Bologna (e in Italia?) non esiste più. Fra Gramsci e Montezemolo.
Rappresentazioni teatrali, musicali, di conversazioni, letture: Da Benigni a Guccini, dalla Fondazione Seragnoli - le macchine automatiche - alla cibernetica. Cosa sono gli organetti se non gli avi dei cyborg?
CONTENITORI
Di qualsiasi sia la proprietà, si possono proporre idee per valorizzarli.
BARACCANO. Il tempio, cristiano, dell'amore, del matrimonio, della coppia. Possibile un rapporto con la Curia e con chi si occupa di tutto-quanto-fa-famiglia. La storia della famiglia, i suoi problemi, le sue possibilità, il valore e i vincoli per la vita civile.
SAN MICHELE IN BOSCO. La città dall'alto. Il paesaggio. Il villeggiare, lo spostarsi all'interno di una città per trovare aria diversa. Poi l'Istituto Rizzoli. Le terapie, la salute, il rigenerarsi del corpo e dell'anima. La resurrezione e le piccole resurrezioni quotidiane. L'ARIA. La VISTA. LA SALUTE.
Idem i rapporti con l'università. Gli studenti che vengono mostrati come risorsa per una città che vuole celebrare la sua storia e si pone come modello di innovazione (booom, ma sappiamo in quale panorama agiamo). Rapporti con gli imprenditori e le associazioni commerciali.
CAFFE' LETTERARIO sotto il Palazzo Comunale
A Bologna mancano anche questi, a parte alcune enclave come D’Azeglio, la Galleria della Morte e Piazza Aldrovandi e per altri versi la Piazza delle Erbe dietro il Mercato di via Ugo Bassi e il Bar Ciccio in via San Mamolo. Pieni di ragazzi, luoghi di creazione dianche dal punto di vista dei meccanismi di appartenenza. Ci si va, ci si vede per stare in compagnia, per apparire e per sentirsi (così) di essere. Antropologia culturale. C'è sempre un richiamo caratterizzante: i negozi accanto, il sentirsi di sinistra, di destra, di niente, il nazionalpopolare inventato e coltivato. Il Caffè deve essere questo. Le pietre antiche come richiamo moderno.
Qualche rimando, ma guai affidarsi alla memoria, al Bar Centrale dove si trovavano i venditori di animali, case, di tutto, al Roxi, al Mocambo, al bar dei Commercianti. Pure l'Osteria del Sole. Professori, ricchi, professionisti, pittori, musicisti, ragazzi in crescita. Credo che ora bisogna puntare molto sui giovani: sono loro a frequentare i bar, happy hour e via di seguito. Bisogna essere capaci della commistione con gli altri generi di clientela. Non schiacciare l'una su l'altra. Tutti devono sentirsi protagonisti, meccanismo da Grande Fratello ma si tratta di saperlo usare. Di nuovo: fascinazione, finzione, fatturato. Il Modello può essere il vecchio, defunto Caffè del Teatro. Da ragionare, confrontarsi..
Invece di andare apertamente in concorrenza, si può tentare un rapporto con la Bologna commerciale. Cercare di portare nel Caffè la storia commerciale di Bologna. O meglio, farne un punto di partenza. Ricette, guide turistiche (come Bologna è vista dagli altri nel corso dei secoli, come è mutata la percezione: non solo Goethe & C.), mappe, piani urbanistici. Persino elenchi telefonici. Pubblicità, botteghe e boutique. Qualche quadro, magari cambiandolo. Qualche scultura, qualche opera, qualche reperto. La città che muta. Coinvolgere i commercianti.
Se c'è spazio si può pensare a giochi antichi - biliardo - e soprattutto inserire - anche solo come esempio di quello che si può trovare altrove -con cui dipingere passato, presente, futuro. Iperspazi, Bologna reale e virtuale. Internet Cafè colto. Second life. La città che vorrei, il museo che vorrei... Tecnicamente molto facile.
Secondo me di straordinario richiamo. Ed evento nazionale almeno. Sapendo benissimo che ci sono anche rischi: di riprodurre sui computer (il Caffè avvia, insegna, se la moda funziona la gente poi prosegue a casa propria...) i graffiti che riempiono Bologna.
Inutile però nascondere la testa sotto la sabbia. La faccenda va affrontata, non è solo questione di controllo (giusto) più o meno poliziesco. La discriminante intanto è dividere la sozzura dalla voglia di esprimersi. Quindi entra in gioco - per vincere o perdere la sfida - l'Amministrazione, qualunque sia. I ribelli puoi demonizzarli, massacrarli, subirli. O cercare di vincerli perchè sei più bravo. Anche arrivando a patti. Cosa è successo all'Ateneo quando funzionava?
E questa è Storia di Bologna, quando era vetrina. Polis, poli-tica. Con questo dobbiamo confrontarci.
BARACCANO. Il tempio, cristiano, dell'amore, del matrimonio, della coppia. Possibile un rapporto con la Curia e con chi si occupa di tutto-quanto-fa-famiglia. La storia della famiglia, i suoi problemi, le sue possibilità, il valore e i vincoli per la vita civile.
SAN MICHELE IN BOSCO. La città dall'alto. Il paesaggio. Il villeggiare, lo spostarsi all'interno di una città per trovare aria diversa. Poi l'Istituto Rizzoli. Le terapie, la salute, il rigenerarsi del corpo e dell'anima. La resurrezione e le piccole resurrezioni quotidiane. L'ARIA. La VISTA. LA SALUTE.
Idem i rapporti con l'università. Gli studenti che vengono mostrati come risorsa per una città che vuole celebrare la sua storia e si pone come modello di innovazione (booom, ma sappiamo in quale panorama agiamo). Rapporti con gli imprenditori e le associazioni commerciali.
CAFFE' LETTERARIO sotto il Palazzo Comunale
A Bologna mancano anche questi, a parte alcune enclave come D’Azeglio, la Galleria della Morte e Piazza Aldrovandi e per altri versi la Piazza delle Erbe dietro il Mercato di via Ugo Bassi e il Bar Ciccio in via San Mamolo. Pieni di ragazzi, luoghi di creazione di
Qualche rimando, ma guai affidarsi alla memoria, al Bar Centrale dove si trovavano i venditori di animali, case, di tutto, al Roxi, al Mocambo, al bar dei Commercianti. Pure l'Osteria del Sole. Professori, ricchi, professionisti, pittori, musicisti, ragazzi in crescita. Credo che ora bisogna puntare molto sui giovani: sono loro a frequentare i bar, happy hour e via di seguito. Bisogna essere capaci della commistione con gli altri generi di clientela. Non schiacciare l'una su l'altra. Tutti devono sentirsi protagonisti, meccanismo da Grande Fratello ma si tratta di saperlo usare. Di nuovo: fascinazione, finzione, fatturato. Il Modello può essere il vecchio, defunto Caffè del Teatro. Da ragionare, confrontarsi..
Invece di andare apertamente in concorrenza, si può tentare un rapporto con la Bologna commerciale. Cercare di portare nel Caffè la storia commerciale di Bologna. O meglio, farne un punto di partenza. Ricette, guide turistiche (come Bologna è vista dagli altri nel corso dei secoli, come è mutata la percezione: non solo Goethe & C.), mappe, piani urbanistici. Persino elenchi telefonici. Pubblicità, botteghe e boutique. Qualche quadro, magari cambiandolo. Qualche scultura, qualche opera, qualche reperto. La città che muta. Coinvolgere i commercianti.
Se c'è spazio si può pensare a giochi antichi - biliardo - e soprattutto inserire - anche solo come esempio di quello che si può trovare altrove -
Secondo me di straordinario richiamo. Ed evento nazionale almeno. Sapendo benissimo che ci sono anche rischi: di riprodurre sui computer (il Caffè avvia, insegna, se la moda funziona la gente poi prosegue a casa propria...) i graffiti che riempiono Bologna.
Inutile però nascondere la testa sotto la sabbia. La faccenda va affrontata, non è solo questione di controllo (giusto) più o meno poliziesco. La discriminante intanto è dividere la sozzura dalla voglia di esprimersi. Quindi entra in gioco - per vincere o perdere la sfida - l'Amministrazione, qualunque sia. I ribelli puoi demonizzarli, massacrarli, subirli. O cercare di vincerli perchè sei più bravo. Anche arrivando a patti. Cosa è successo all'Ateneo quando funzionava?
E questa è Storia di Bologna, quando era vetrina. Polis, poli-tica. Con questo dobbiamo confrontarci.
SECOND LIFE
Second Life significa anche permettere di giocare con i Se. Dare l'occasione di viaggiare attraverso le svolte di Bologna, le Apocalissi. Facendo capire - anzi, siamo al bar, sentire - cosa sono le svolte e le Apocalissi. Permettere ai clienti di cercare di capire-dipingere cosa sarebbe successo se quell'anno, quel giorno, quel momento le cose fossero andate in un modo invece che in un altro. Possibile, osservate cosa fanno i siti, quanti siti ruotano attorno a confronti apparentemente demenziali, ma se gestiti capaci di fare la rassegna dei sogni, delle speranze, delle delusioni. Anche di una città. Museo in progress, virtuale e virtuoso.
Una partedovrebbe poi funzionare come Caffè Letterario classico, giocando proprio su questa classicità. Chiacchiere e non ammucchiata, qualche lezione ad hoc, qualche incontro, stanza per fumatori, se possibile. Separè, mancano anche questi a Bologna (pure per amorazzi).
APOCALISSI – FINI E RINASCITE
Il discorso delle Apocalissi, delle svolte si può dilatare alla città. Sul modello della città che si illumina. Si può studiare un percorso, anzi un insieme di percorsi, magari diversi per datazione, ambientazione, rimandi, sulle svolte, le catastrofi e le resurrezioni (ci stanno Renè Thom e la Teoria dei Giochi, Eco, l'università, gli economisti coinvolgibili), di Bologna. Eventi ed ambienti, fatti e rappresentazioni. San Luca e l'epidemia, il Conservatorio e Mozart, il Comunale e Wagner, Carlo V... cito per l'inclita, ma il colto sa trovare tanto e meglio. Opere d'arte da valorizzare, ma anche musiche da far suonare, teatranti da coinvolgere (lo fece Picchi) in una città che nessuno lo sa ma è piena di gruppi che hanno successo spesso altrove, quadri e sculture antiche e moderne più o meno ad hoc. Cinema, fotografie.
Italo Calvino nelle Città invisibili (1972), fa coesistere nella città di Marozia sia l’area dei topi, cioè degli ultimi, dei sommersi, degli uomini sotterranei e votati ai bassifondi sociali, sia l’area delle rondini, cioè di coloro che veleggiano liberamente nei cieli della globalità e della rete o della prosperità e della cultura. Analoga è la rappresentazione di un sociologo come Michael Walzer che nel suo saggio Sfere di giustizia (1987) introduce il simbolo dell’antica Atene ove s’incrociano gli ateniesi veri e propri, cittadini a pieno titolo, dotati di autonomia e libertà, e i meteci, cioè gli stranieri o i 'misti', attivi ma solo tollerati, privi di cittadinanza piena, figli di un dio minore. La città costituisce, quindi, una realtà che raggruma in sé divaricazioni e divergenze, splendori e miserie, duetti e duelli.
RAPPORTO CON LA CHIESA.
Second Life significa anche permettere di giocare con i Se. Dare l'occasione di viaggiare attraverso le svolte di Bologna, le Apocalissi. Facendo capire - anzi, siamo al bar, sentire - cosa sono le svolte e le Apocalissi. Permettere ai clienti di cercare di capire-dipingere cosa sarebbe successo se quell'anno, quel giorno, quel momento le cose fossero andate in un modo invece che in un altro. Possibile, osservate cosa fanno i siti, quanti siti ruotano attorno a confronti apparentemente demenziali, ma se gestiti capaci di fare la rassegna dei sogni, delle speranze, delle delusioni. Anche di una città. Museo in progress, virtuale e virtuoso.
Una parte
APOCALISSI – FINI E RINASCITE
Il discorso delle Apocalissi, delle svolte si può dilatare alla città. Sul modello della città che si illumina. Si può studiare un percorso, anzi un insieme di percorsi, magari diversi per datazione, ambientazione, rimandi, sulle svolte, le catastrofi e le resurrezioni (ci stanno Renè Thom e la Teoria dei Giochi, Eco, l'università, gli economisti coinvolgibili), di Bologna. Eventi ed ambienti, fatti e rappresentazioni. San Luca e l'epidemia, il Conservatorio e Mozart, il Comunale e Wagner, Carlo V... cito per l'inclita, ma il colto sa trovare tanto e meglio. Opere d'arte da valorizzare, ma anche musiche da far suonare, teatranti da coinvolgere (lo fece Picchi) in una città che nessuno lo sa ma è piena di gruppi che hanno successo spesso altrove, quadri e sculture antiche e moderne più o meno ad hoc. Cinema, fotografie.
Italo Calvino nelle Città invisibili (1972), fa coesistere nella città di Marozia sia l’area dei topi, cioè degli ultimi, dei sommersi, degli uomini sotterranei e votati ai bassifondi sociali, sia l’area delle rondini, cioè di coloro che veleggiano liberamente nei cieli della globalità e della rete o della prosperità e della cultura. Analoga è la rappresentazione di un sociologo come Michael Walzer che nel suo saggio Sfere di giustizia (1987) introduce il simbolo dell’antica Atene ove s’incrociano gli ateniesi veri e propri, cittadini a pieno titolo, dotati di autonomia e libertà, e i meteci, cioè gli stranieri o i 'misti', attivi ma solo tollerati, privi di cittadinanza piena, figli di un dio minore. La città costituisce, quindi, una realtà che raggruma in sé divaricazioni e divergenze, splendori e miserie, duetti e duelli.
RAPPORTO CON LA CHIESA.
CITTA' TERRENA E CITTA' CELESTE
Su questo si può trovare un rapporto forte con la Chiesa.
Da parte nostra in questa raffigurazione vediamo delinearsi la città ideale, la meta verso la quale tendere la speranza. È la nuova Gerusalemme dipinta dall’Apocalisse come l’approdo della storia e come il sogno e il progetto di Dio e dell’umanità rinnovata.
La città-Emanuele del «Dio-con-loro» (21, 4), la città delle Beatitudini evangeliche, la vera città dell’utopia, non nel senso evanescente di questo termine, ma nel suo valore pieno di progettualità trascendente, di orizzonte elevato e luminoso, di idealità e moralità, di ricerca e verità, di dignità e bellezza, di giustizia e di amore (Giancarlo Ravasi).
Essa è un monito per chi nella polis del presente si accontenta della navigazione a vista, del realismo rinunciatario, del respiro corto, della mera gestione o degli interessi solo contingenti. Sono coloro che si identificano nella città «tiepida» della Laodicea dell’Apocalisse (3, 15-16). Il grande moralista francese François de la Rochefoucauld osservava che «chi si applica troppo alle piccole cose diventa incapace delle grandi». È in questa luce, che coniuga concretezza e speranza, storia ed escatologia, che Gerusalemme si erge come città simbolica della pace, sulla quale si devono modellare le città storiche col loro travaglio di sviluppo e di fatica, di splendori e di miserie.
ALLEGATO 1(Lavoro che sto facendo con Renato Villalta e che sarà presentato in modo più completo)
Da parte nostra in questa raffigurazione vediamo delinearsi la città ideale, la meta verso la quale tendere la speranza. È la nuova Gerusalemme dipinta dall’Apocalisse come l’approdo della storia e come il sogno e il progetto di Dio e dell’umanità rinnovata.
La città-Emanuele del «Dio-con-loro» (21, 4), la città delle Beatitudini evangeliche, la vera città dell’utopia, non nel senso evanescente di questo termine, ma nel suo valore pieno di progettualità trascendente, di orizzonte elevato e luminoso, di idealità e moralità, di ricerca e verità, di dignità e bellezza, di giustizia e di amore (Giancarlo Ravasi).
Essa è un monito per chi nella polis del presente si accontenta della navigazione a vista, del realismo rinunciatario, del respiro corto, della mera gestione o degli interessi solo contingenti. Sono coloro che si identificano nella città «tiepida» della Laodicea dell’Apocalisse (3, 15-16). Il grande moralista francese François de la Rochefoucauld osservava che «chi si applica troppo alle piccole cose diventa incapace delle grandi». È in questa luce, che coniuga concretezza e speranza, storia ed escatologia, che Gerusalemme si erge come città simbolica della pace, sulla quale si devono modellare le città storiche col loro travaglio di sviluppo e di fatica, di splendori e di miserie.
ALLEGATO 1(Lavoro che sto facendo con Renato Villalta e che sarà presentato in modo più completo)
RETE DELLO SPORT
La Rete dello Sport può essere una grande opportunità per Bologna. Come realtà amministrativa ed esempio nazionale.
La mia proposta
Vincolare la costruzione di qualsiasi impianto sportivo (e di ogni progetto ad esso annesso) all’impegno legale da parte degli operatori di procedere alla manutenzione di una serie di strutture sportive esistenti.
Strutture comunali, ma anche altre strutture pubbliche o private che abbiano la destinazione per uso pubblico. Nel caso delle strutture sportive scolastiche non comunali è necessario un accordo con il Provveditorato agli Studi. In caso di strutture scolastiche private si analizzerà caso per caso attraverso una Commissione mista (pubblica e privata, con tutti gli interessati) e si studieranno accordi e possibilità.
Indispensabile il coinvolgimento dei Comuni nella zona metropolitana di Bologna.
I nuovi impianti non sono un obbligo né una necessità, ma una Opportunità. E devono esserlo per tutta Bologna. Per chi si interessa degli sport coinvolti e per chi no. Per chi abita nelle zone coinvolte e per chi sta lontano.
Il privato diventa davvero IL SIGNORE DEL CALCIO, DEL BASKET, ma non per la squadra (non solo per lei) ma per quello che fa per la città. Si occupa di uno sport, non di una squadra.
Se vuole studiare da sindaco non lo fa in mutande da calciatore, ciclista, cestista, canoista. Ma da uomo completo, politico completo.
Tutta la città è coinvolta nel progetto, dove si costruisce e dove si restaura, si mantiene, ci guadagnano da una parte ma – anche se meno – in un’altra, i ragazzi che usano i campi, i genitori, le scuole, i quartieri
Una politica nuova non è fatta di comparsate allo Stadio (meglio un sindaco in tribuna o in biblioteca, al palazzo o alla mostra? e si possono fare tutte due le cose? non esistono gerarchie? quante domande senza risposta si possono fare…). E’ costruita sulla capacità di gestire lo sport, di dettare per quanto possibile le sue regole in città. Di capire di cosa si sta parlando.
Questo potrebbe avere peso anche nella costruzione (senza illusioni) di una coscienza civica sia verso chi va allo Stadio sia verso chi non ci va. Di dividere Bologna fra sportivi (o tifosi, fan, fedeli, ultrà) e indifferenti, contrari, laici, atei.
Costruiamo lo sport di Bologna, la cultura sportiva di Bologna. Fatta di mattoni e di partecipazione.
Così lo sport è davvero di massa
anche quello di elite (dove sono ormai gli sport di elite? il polo, la formula uno, la vela….)
RETE DEI TRASPORTI
La Rete dello Sport può essere una grande opportunità per Bologna. Come realtà amministrativa ed esempio nazionale.
La mia proposta
Vincolare la costruzione di qualsiasi impianto sportivo (e di ogni progetto ad esso annesso) all’impegno legale da parte degli operatori di procedere alla manutenzione di una serie di strutture sportive esistenti.
Strutture comunali, ma anche altre strutture pubbliche o private che abbiano la destinazione per uso pubblico. Nel caso delle strutture sportive scolastiche non comunali è necessario un accordo con il Provveditorato agli Studi. In caso di strutture scolastiche private si analizzerà caso per caso attraverso una Commissione mista (pubblica e privata, con tutti gli interessati) e si studieranno accordi e possibilità.
Indispensabile il coinvolgimento dei Comuni nella zona metropolitana di Bologna.
I nuovi impianti non sono un obbligo né una necessità, ma una Opportunità. E devono esserlo per tutta Bologna. Per chi si interessa degli sport coinvolti e per chi no. Per chi abita nelle zone coinvolte e per chi sta lontano.
Il privato diventa davvero IL SIGNORE DEL CALCIO, DEL BASKET, ma non per la squadra (non solo per lei) ma per quello che fa per la città. Si occupa di uno sport, non di una squadra.
Se vuole studiare da sindaco non lo fa in mutande da calciatore, ciclista, cestista, canoista. Ma da uomo completo, politico completo.
Tutta la città è coinvolta nel progetto, dove si costruisce e dove si restaura, si mantiene, ci guadagnano da una parte ma – anche se meno – in un’altra, i ragazzi che usano i campi, i genitori, le scuole, i quartieri
Una politica nuova non è fatta di comparsate allo Stadio (meglio un sindaco in tribuna o in biblioteca, al palazzo o alla mostra? e si possono fare tutte due le cose? non esistono gerarchie? quante domande senza risposta si possono fare…). E’ costruita sulla capacità di gestire lo sport, di dettare per quanto possibile le sue regole in città. Di capire di cosa si sta parlando.
Questo potrebbe avere peso anche nella costruzione (senza illusioni) di una coscienza civica sia verso chi va allo Stadio sia verso chi non ci va. Di dividere Bologna fra sportivi (o tifosi, fan, fedeli, ultrà) e indifferenti, contrari, laici, atei.
Costruiamo lo sport di Bologna, la cultura sportiva di Bologna. Fatta di mattoni e di partecipazione.
Così lo sport è davvero di massa
anche quello di elite (dove sono ormai gli sport di elite? il polo, la formula uno, la vela….)
RETE DEI TRASPORTI
La rete deve essere davvero una cultura di governo. La cultura deve portare alla rete. Fra la gente, le strutture, i progetti. Vale per lo sport, vale per i trasporti
Vale per altro ancora
Non sta a me prolungarmi: ma su questa possibilità si gioca il futuro di Bologna-città di individui solidali, nonostante tutto e tutti. Con molti guai, qualche speranza, abbastanza certezze.
Vale per altro ancora
Non sta a me prolungarmi: ma su questa possibilità si gioca il futuro di Bologna-città di individui solidali, nonostante tutto e tutti. Con molti guai, qualche speranza, abbastanza certezze.
(Scritto da Patrizia Beccari)
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Sono candidata al consiglio comunale di Bologna con il Partito Democratico per Delbono sindaco
LE RAGIONI DEL MIO IMPEGNO
Mi sono iscritta al PD a Roma, dove lavoro spesso. Bologna e l’Emilia mi fanno da scuola. Non c’è buon governo senza buona sanità. Bologna lo ha insegnato con assessori come Eustachio Loperfido. Per questo la lotta qui è più importante. Ho chiesto di candidarmi per lottare insieme a chi sa unire, armonizzare stato sociale, conti economici, sviluppo. Lottare comunque, insieme. Ognuno portando il proprio cuore e il proprio cervello per difendere e migliorare una cultura, un ambiente, rapporti fra persone, sicurezze, tollerenze, bellezze da condividere. Voglio una Bologna, un’Italia che siano governate da donne e uomini. Non da Re Guaritori grandi e piccoli.
LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE
Mancano i soldi, il governo Berlusconi taglia i finanziamenti ai Comuni. La crisi, l’attacco della destra devono farci tirar fuori tutta la nostra fantasia e la bellezza del lottare. Con concretezza, convinzione, umiltà. Questo credo sia il compito di un consigliere comunale: facendo funzionare al massimo la testa senza montarsi la testa.
Ancora più nella situazione attuale, dobbiamo far bella Bologna nella sua quotidianità. Nei quartieri e nel centro, nel traffico, nei portici, nei muri, nelle vetrine. Nei servizi sociali e sanitari, nella casa. Agire con i soldi che abbiamo, cambiare abitudini sbagliate, studiare insieme soluzioni. Inventarsi una partecipazione per il nuovo Millennio. Creare la Bologna dei cittadini. E’ la nostra proposta a un’Italia che vogliamo cambiare.
VIVA I QUARTIERI
Bisogna far cultura tutti i giorni, in tutti gli ambiti. Il degrado nasce dal distacco fra una città e i suoi abitanti. Quelli nati qui, quelli che vi arrivano per studiare e lavorare o solo per sfangare la vita. Gli immigrati. Folla composita. Non un tutto unico da incontrare in modo razziale, razzista.
Avete presente la gentilezza, la disponibilità, l’arguzia che si porta dietro un sacco di gente di Bologna? Si possono promuovere gruppi che passano in rassegna il proprio quartiere, segnano quello che non va: bidoni della spazzatura, scritte, sporcizia e via di seguito. E segnalano cosa si può fare. Riunirsi per decidere il da fare. Il Consiglio di quartiere diviene strumento di partecipazione quotidiana. Nessun miracolo, nessun paradiso, miglioramenti giorno per giorno. Bisogna inventarsi un modo di stare insieme. Bar disposti ad organizzare tornei, mini feste di strada, parrocchie da collegare, negozi da salvare, tanto si può escogitare, fare.
PITTORE TI VOGLIO PARLARE
La zona universitaria e il centro in genere sono l’immagine di Bologna. La sua difesa sia affidata al controllo notturno di pattuglie di vigili urbani che segnalino e impediscano devastazioni, scritte, porcherie varie. Non fermandosi al centro ma estendendosi a tutta Bologna. In contatto con Ps e Cc.
Bisogna coinvolgere i giovani, gli studenti. Cercare di portare i writer, i graffitari della bomboletta a ragionare su cosa farebbero se potessero pensare un pezzo di strada. Cosa programmerebbero, invece di scarabocchiare una scritta e scappare. Tramutare i nuovi barbari in nuovi cittadini. Senza rinnegare la loro cultura. I vandali veri possono essere isolati solo dagli altri giovani, in un confronto continuo, programmato, fin istituzionale.
NEGOZI, PORTICI, TRAFFICO
La bellezza non va però tutelata a senso unico. Bologna non può permettersi vetrine brutte. Il problema è della Sovrintendenza, ma le associazioni dei commercianti non possono non ragionare sul, sul rapporto fra negozi, mercanzia, serrande, insegne, interni per fare di Bologna una città con un richiamo ad hoc. Le strade di Bologna sono questo. Monumenti.
I portici sono questo: monumenti. La manutenzione non riguarda il pezzetto privato, ma deve coinvolgere tutto il percorso. Bisogna inventarsi strutture anche istituzuonali ad hoc.
Il traffico e la sua regolamentazione devono essere inseriti in questa visione di città bella, da godere. La mobilità è decisiva, ma lo è anche liberare il più possibile strade che sono il racconto di Bologna. Bologna non ha grandi monumenti, ma è un monumento come città. su questo bisogna ragionare. in tutte le città del mondo i centri che hanno risolto il problema del traffico (con garage, parcheggi, anche divieti) si sono arricchiti e hanno arricchito chi ci lavora. Punto spinoso da sempre, ma da affrontare a Bologna una volta per sempre.
DALLA VIA EMILIA AL WEST
La città è storia e mito: tanto più una città come Bologna. Bologna può diventare la CAPITALE SIMBOLICA di una storia cittadina che si fa storia nazionale. Formazione della città, dello Stato. Commerci. Integrazione. Giovani e vecchi. Cittadinanza. Cittadini e forestieri. Ospitalità. Guerra. Pace, Fede. Epoche. Valori. E' una storia in divenire.
Attorno si può creare un meccanismo vivo. Incontri, conferenze, spettacoli. Coinvolgimenti delle realtà locali. Università in testa, artisti, musicisti. Anche così si può tentare di recuperare, contattare i. I giovani. Insieme a loro, ricostruisci la storia.
Usare i contenitori esistenti, trovarne altri, come per il Museo della Memoria. Per ogni contenitore, una parola-chiave attorno a cui costruire il senso dell'intervento. Una specie di vocabolario cittadino. Un percorso fondato sulle PAROLE che costruiscono una città. Un esempio: via Fondazza. Ovvio il riferimento a Giorgio Morandi. Ma si potrebbe innalzare in quel luogo il discorso sulle ombre. Ombre di Morandi, ombre dei portici, convivenza, socialità dei portici, passeggio, pioggia combattuta. Se uno vuole pure OMBRE di Bologna: i suoi misteri, le sue lotte.
SCUOLE E MUSEI PER DIVERTIRSI
Il Comune di Bologna deve aprire uno “Sportello della Cultura” per tutti quelli che nella nostra città si occupano di cultura per ascoltare le loro richieste, iniziative. Per coordinarle in modo che la comunicazione sia univoca, faccia sistema.
Quasi ogni facoltà universitaria ha un suo museo, una sua biblioteca. Sono luoghi da vivere per la città. Creando uno scambio cittadini-ateneo con cui si combatte anche il degrado. Nella zona universitaria c’è anche il Teatro Comunale. Inventrasi eventi aperti al pubblico gratis in occasioni di grandi opere liriche o grandi concerti usando i musicisti, i cantanti. Abbinando il tradizionale al moderno.
Il Comune non ha finanziamenti sufficienti per l’estate. Teniamo aperti i musei alla sera. E’ anche il modo per creare un filo rosso, mostrare davvero che i musei sono Bologna.Quasi tutti i musei hanno un giardino interno. Animiamolo con musica, bar ed arrichiamolo con esposizioni estemporanee di artisti bolognesi. Oppure organizziamo in una piazza o in un cortile una sorta di gara tra scuole di ballo (a Bologna ne abbiamo tantissime), magari con i ballerini che trascinano gli spettatori.
L’abbiamo già fatto, rifacciamolo.
Oltre ai presidi delle facoltà universitarie occorre avvicinare i presidi delle scuole medie inferiori e superiori. Già esiste una sorta di esibizione teatrale tra le varie scuole superiori di Bologna. Occorre incrementare queste iniziative. Perché non rimangano di nicchia (solo parenti ed amici degli attori in miniatura) BISOGNA COINVOLGERE QUALCHE ATTORE PROFESSIONISTA, bolognese o di passaggio, allargare il discorso sul teatro, la vita di un attore, i grandi che hanno fatto il teatro….
Altro punto focale da valorizzare è l’Accademia di Belle arti, anch’essa nella “famigerata” zona universitaria. In quella sede già si tengono corsi sulla comunicazione dell’arte ed altro ancora. Già fanno qualcosa, ma per il momento è tutto a spot. Il cittadino passa per caso ad esempio in via Guerrazzi e trova sotto il portico un laboratorio di avvicinamento all’arte dedicato ai bambini della scuola materna ed elementare. Questi eventi non devono più essere casuale.
LA RETE DELLO SPORT
Chiamiamola RETE DELLO SPORT. Il termine figlio dei computer è abusato ma dà un’idea precisa quando si parla di amministrazione e della necessità di collegare le diversità, mantendole e insieme coinvolgendole in un programma unico. La Rete dello Sport può essere una grande opportunità per Bologna. Come realtà amministrativa ed esempio nazionale. La mia proposta è Vincolare la costruzione di qualsiasi impianto sportivo (e di ogni progetto ad esso annesso) all’impegno legale da parte degli operatori di procedere alla manutenzione di una serie di strutture sportive esistenti(centri civici, campi da calcio e basket, di sport vari, piscine, palestre). Vincolo con numero fissato di anni, da ridiscutere alla scadenza. Indispensabileun accordo con il Provveditorato agli studi ed il coinvolgimento dei Comuni nella zona metropolitana di Bologna. L’obiettivo è: Non costruire se non si recupera l’esistente. E’ una vera strategia politica, economica, culturale, di educazione civica ed azione programmatica
PROGETTO PROSPERITA’
Prospettive strategiche e linee di proposta per il settore delle scienze della vita e delle applicazioni sanitarie
Le scienze della vita costituiscono la più importante e completa piattaforma di convergenza fra scienza fondamentale, aggregazione tecnologica, organizzazione dei sistemi di cura e personalizzazione dell’assistenza. Per questo è importante governare il complesso della catena del valore dalla ricerca fondamentale alle organizzazioni diagnostico-terapeutico-riabilitative territoriali. Lo sviluppo clinico è il perno tra ricerca, applicazione e diffusione di conoscenza. Tra apprendimento e momento organizzativo anche terapeutico. Soprattutto in relazione alle possibilità aperte dalle biotecnologie e anche all’integrazione, nel settore biomedicale, con le esigenze tecnologiche che si profilano all’orizzonte. L’obiettivo è lavorare sulla sanità territoriale affinchè entri nel grande circuito della ricerca clinica, snellendo le procedure, coinvolgendo i medici di medicina generale, gli infermieri dell’assistenza domiciliare, i poliambulatori. Si otterrano, aggiornamenti professionali, cure più avanzate, entrate economiche, utili alla sanità in questo momento di grandi tagli agli enti locali.
QUESTA E’ LA CITTA’ DOVE VOGLIAMO VIVERE
"Io sospiro per Bologna... dove i forestieri non trovano riposo per le gran carezze che ricevono... in Bologna, nel materiale e nel morale, tutto è bello... gli uomini sono vespe senza pungolo; e, credilo a me, la bontà di cuore vi si trova effettivamente, anzi vi è comunissima, e che la razza umana vi è differente da quella di cui tu ed io avevamo idea". (Giacomo Leopardi)
Mi sono iscritta al PD a Roma, dove lavoro spesso. Bologna e l’Emilia mi fanno da scuola. Non c’è buon governo senza buona sanità. Bologna lo ha insegnato con assessori come Eustachio Loperfido. Per questo la lotta qui è più importante. Ho chiesto di candidarmi per lottare insieme a chi sa unire, armonizzare stato sociale, conti economici, sviluppo. Lottare comunque, insieme. Ognuno portando il proprio cuore e il proprio cervello per difendere e migliorare una cultura, un ambiente, rapporti fra persone, sicurezze, tollerenze, bellezze da condividere. Voglio una Bologna, un’Italia che siano governate da donne e uomini. Non da Re Guaritori grandi e piccoli.
LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE
Mancano i soldi, il governo Berlusconi taglia i finanziamenti ai Comuni. La crisi, l’attacco della destra devono farci tirar fuori tutta la nostra fantasia e la bellezza del lottare. Con concretezza, convinzione, umiltà. Questo credo sia il compito di un consigliere comunale: facendo funzionare al massimo la testa senza montarsi la testa.
Ancora più nella situazione attuale, dobbiamo far bella Bologna nella sua quotidianità. Nei quartieri e nel centro, nel traffico, nei portici, nei muri, nelle vetrine. Nei servizi sociali e sanitari, nella casa. Agire con i soldi che abbiamo, cambiare abitudini sbagliate, studiare insieme soluzioni. Inventarsi una partecipazione per il nuovo Millennio. Creare la Bologna dei cittadini. E’ la nostra proposta a un’Italia che vogliamo cambiare.
VIVA I QUARTIERI
Bisogna far cultura tutti i giorni, in tutti gli ambiti. Il degrado nasce dal distacco fra una città e i suoi abitanti. Quelli nati qui, quelli che vi arrivano per studiare e lavorare o solo per sfangare la vita. Gli immigrati. Folla composita. Non un tutto unico da incontrare in modo razziale, razzista.
Avete presente la gentilezza, la disponibilità, l’arguzia che si porta dietro un sacco di gente di Bologna? Si possono promuovere gruppi che passano in rassegna il proprio quartiere, segnano quello che non va: bidoni della spazzatura, scritte, sporcizia e via di seguito. E segnalano cosa si può fare. Riunirsi per decidere il da fare. Il Consiglio di quartiere diviene strumento di partecipazione quotidiana. Nessun miracolo, nessun paradiso, miglioramenti giorno per giorno. Bisogna inventarsi un modo di stare insieme. Bar disposti ad organizzare tornei, mini feste di strada, parrocchie da collegare, negozi da salvare, tanto si può escogitare, fare.
PITTORE TI VOGLIO PARLARE
La zona universitaria e il centro in genere sono l’immagine di Bologna. La sua difesa sia affidata al controllo notturno di pattuglie di vigili urbani che segnalino e impediscano devastazioni, scritte, porcherie varie. Non fermandosi al centro ma estendendosi a tutta Bologna. In contatto con Ps e Cc.
Bisogna coinvolgere i giovani, gli studenti. Cercare di portare i writer, i graffitari della bomboletta a ragionare su cosa farebbero se potessero pensare un pezzo di strada. Cosa programmerebbero, invece di scarabocchiare una scritta e scappare. Tramutare i nuovi barbari in nuovi cittadini. Senza rinnegare la loro cultura. I vandali veri possono essere isolati solo dagli altri giovani, in un confronto continuo, programmato, fin istituzionale.
NEGOZI, PORTICI, TRAFFICO
La bellezza non va però tutelata a senso unico. Bologna non può permettersi vetrine brutte. Il problema è della Sovrintendenza, ma le associazioni dei commercianti non possono non ragionare sul
I portici sono questo: monumenti. La manutenzione non riguarda il pezzetto privato, ma deve coinvolgere tutto il percorso. Bisogna inventarsi strutture anche istituzuonali ad hoc.
Il traffico e la sua regolamentazione devono essere inseriti in questa visione di città bella, da godere. La mobilità è decisiva, ma lo è anche liberare il più possibile strade che sono il racconto di Bologna. Bologna non ha grandi monumenti, ma è un monumento come città. su questo bisogna ragionare. in tutte le città del mondo i centri che hanno risolto il problema del traffico (con garage, parcheggi, anche divieti) si sono arricchiti e hanno arricchito chi ci lavora. Punto spinoso da sempre, ma da affrontare a Bologna una volta per sempre.
DALLA VIA EMILIA AL WEST
La città è storia e mito: tanto più una città come Bologna. Bologna può diventare la CAPITALE SIMBOLICA di una storia cittadina che si fa storia nazionale. Formazione della città, dello Stato. Commerci. Integrazione. Giovani e vecchi. Cittadinanza. Cittadini e forestieri. Ospitalità. Guerra. Pace, Fede. Epoche. Valori. E' una storia in divenire.
Attorno si può creare un meccanismo vivo. Incontri, conferenze, spettacoli. Coinvolgimenti delle realtà locali. Università in testa, artisti, musicisti. Anche così si può tentare di recuperare, contattare i
Usare i contenitori esistenti, trovarne altri, come per il Museo della Memoria. Per ogni contenitore, una parola-chiave attorno a cui costruire il senso dell'intervento. Una specie di vocabolario cittadino. Un percorso fondato sulle PAROLE che costruiscono una città. Un esempio: via Fondazza. Ovvio il riferimento a Giorgio Morandi. Ma si potrebbe innalzare in quel luogo il discorso sulle ombre. Ombre di Morandi, ombre dei portici, convivenza, socialità dei portici, passeggio, pioggia combattuta. Se uno vuole pure OMBRE di Bologna: i suoi misteri, le sue lotte.
SCUOLE E MUSEI PER DIVERTIRSI
Il Comune di Bologna deve aprire uno “Sportello della Cultura” per tutti quelli che nella nostra città si occupano di cultura per ascoltare le loro richieste, iniziative. Per coordinarle in modo che la comunicazione sia univoca, faccia sistema.
Quasi ogni facoltà universitaria ha un suo museo, una sua biblioteca. Sono luoghi da vivere per la città. Creando uno scambio cittadini-ateneo con cui si combatte anche il degrado. Nella zona universitaria c’è anche il Teatro Comunale. Inventrasi eventi aperti al pubblico gratis in occasioni di grandi opere liriche o grandi concerti usando i musicisti, i cantanti. Abbinando il tradizionale al moderno.
Il Comune non ha finanziamenti sufficienti per l’estate. Teniamo aperti i musei alla sera. E’ anche il modo per creare un filo rosso, mostrare davvero che i musei sono Bologna.Quasi tutti i musei hanno un giardino interno. Animiamolo con musica, bar ed arrichiamolo con esposizioni estemporanee di artisti bolognesi. Oppure organizziamo in una piazza o in un cortile una sorta di gara tra scuole di ballo (a Bologna ne abbiamo tantissime), magari con i ballerini che trascinano gli spettatori.
L’abbiamo già fatto, rifacciamolo.
Oltre ai presidi delle facoltà universitarie occorre avvicinare i presidi delle scuole medie inferiori e superiori. Già esiste una sorta di esibizione teatrale tra le varie scuole superiori di Bologna. Occorre incrementare queste iniziative. Perché non rimangano di nicchia (solo parenti ed amici degli attori in miniatura) BISOGNA COINVOLGERE QUALCHE ATTORE PROFESSIONISTA, bolognese o di passaggio, allargare il discorso sul teatro, la vita di un attore, i grandi che hanno fatto il teatro….
Altro punto focale da valorizzare è l’Accademia di Belle arti, anch’essa nella “famigerata” zona universitaria. In quella sede già si tengono corsi sulla comunicazione dell’arte ed altro ancora. Già fanno qualcosa, ma per il momento è tutto a spot. Il cittadino passa per caso ad esempio in via Guerrazzi e trova sotto il portico un laboratorio di avvicinamento all’arte dedicato ai bambini della scuola materna ed elementare. Questi eventi non devono più essere casuale.
LA RETE DELLO SPORT
Chiamiamola RETE DELLO SPORT. Il termine figlio dei computer è abusato ma dà un’idea precisa quando si parla di amministrazione e della necessità di collegare le diversità, mantendole e insieme coinvolgendole in un programma unico. La Rete dello Sport può essere una grande opportunità per Bologna. Come realtà amministrativa ed esempio nazionale. La mia proposta è Vincolare la costruzione di qualsiasi impianto sportivo (e di ogni progetto ad esso annesso) all’impegno legale da parte degli operatori di procedere alla manutenzione di una serie di strutture sportive esistenti(centri civici, campi da calcio e basket, di sport vari, piscine, palestre). Vincolo con numero fissato di anni, da ridiscutere alla scadenza. Indispensabileun accordo con il Provveditorato agli studi ed il coinvolgimento dei Comuni nella zona metropolitana di Bologna. L’obiettivo è: Non costruire se non si recupera l’esistente. E’ una vera strategia politica, economica, culturale, di educazione civica ed azione programmatica
PROGETTO PROSPERITA’
Prospettive strategiche e linee di proposta per il settore delle scienze della vita e delle applicazioni sanitarie
Le scienze della vita costituiscono la più importante e completa piattaforma di convergenza fra scienza fondamentale, aggregazione tecnologica, organizzazione dei sistemi di cura e personalizzazione dell’assistenza. Per questo è importante governare il complesso della catena del valore dalla ricerca fondamentale alle organizzazioni diagnostico-terapeutico-riabilitative territoriali. Lo sviluppo clinico è il perno tra ricerca, applicazione e diffusione di conoscenza. Tra apprendimento e momento organizzativo anche terapeutico. Soprattutto in relazione alle possibilità aperte dalle biotecnologie e anche all’integrazione, nel settore biomedicale, con le esigenze tecnologiche che si profilano all’orizzonte. L’obiettivo è lavorare sulla sanità territoriale affinchè entri nel grande circuito della ricerca clinica, snellendo le procedure, coinvolgendo i medici di medicina generale, gli infermieri dell’assistenza domiciliare, i poliambulatori. Si otterrano, aggiornamenti professionali, cure più avanzate, entrate economiche, utili alla sanità in questo momento di grandi tagli agli enti locali.
QUESTA E’ LA CITTA’ DOVE VOGLIAMO VIVERE
"Io sospiro per Bologna... dove i forestieri non trovano riposo per le gran carezze che ricevono... in Bologna, nel materiale e nel morale, tutto è bello... gli uomini sono vespe senza pungolo; e, credilo a me, la bontà di cuore vi si trova effettivamente, anzi vi è comunissima, e che la razza umana vi è differente da quella di cui tu ed io avevamo idea". (Giacomo Leopardi)